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Ricchiuti dà il benvenuto alla Juve in serie B

nostro inviato a Rimini
Si riparte da meno 16. Male la prima. Ci ha pensato la stessa Juventus a ridursi la penalizzazione. Ci ha pensato regalando al Rimini il pareggio e a se stessa la mortificazione di una trasferta turistica, di un football modesto, di una prestazione preoccupante. L’oriundo Ricchiuti aveva romanticamente detto alla vigilia che incontrare Del Piero per lui rappresentava un sogno realizzato e che a fine partita gli avrebbe chiesto la maglia come ricordo eterno. Probabilmente sarà il capitano della Juventus a conservare un ricordo eterno di Ricchiuti Adrian. È stato suo, dell’argentino, il gol del pareggio dopo il vantaggio bianconero di Paro, è stata sua la corsa frenetica lungo il rettilineo, sotto la tribuna occupata dalla gente bene di Rimini e dalla sfilata dei nuovi dirigenti juventini che stentavano a rendersi conto dell’accaduto, poco o nulla sapendo di football ma molto di finanza.
Bloccata da una squadra ridotta in dieci per l’espulsione di Cristiano, frenata da una condizione mentale e fisica approssimativa per non dire agghiacciante, la Juventus che rivuole la A non ha gli attributi per giocarsi la B, la Juventus che voleva andare al Tar dovrebbe pensare alle faccende interne che non si risolvono esibendo le polsiere tricolori, memoria di qualcosa che non c’è più, indossate da Deschamps, dai giocatori e dai vip di cui sopra. E Rimini ha fatto intendere molte cose ai bianconeri, sarà molestia continua in campo e fuori, quando Riccardo Agricola ha raggiunto la tribuna, faticosamente per la malattia che lo incatena da anni, sorretto da due uomini, gli hanno urlato «Dacci una dose, basta una bomba». Quando i bianconeri sono entrati in campo per il riscaldamento è partito il coro di «ladri, ladri», ribadito non appena l’arbitro Saccani, modesto nonostante la riforma agnoliniana, ha fischiato un fallo contro il Rimini. Dunque anche in assenza definitiva di Luciano Moggi, oggi ospite della Ventura a «Quelli che...», la Juventus continua a rubare, voce di popolo così strilla.
Sono i pedaggi da pagare per il resto della vita ma contro il logorio della stessa si dovrebbe stringere i denti, mettersi la tuta, chinare la testa e spremere anche l’ultima goccia di sudore. Nel calcio non si vive di rendita, non si vive da campioni del mondo, come sta scoprendo l’Italia di Donadoni, non si vive da ex campioni d’Italia come scoprirà giorno dopo giorno la Juventus di Deschamps. Il quale deve mettere assieme i tipi più diversi e più distanti fra loro, perché in serie B non si passeggia, come hanno fatto ieri Kovac, Birindelli e Marchionni, in serie B non si sta part time, come ha fatto ieri Del Piero, in serie B non si va in campo per fare un favore, come sembra fare Camoranesi e allo stadio non si va per firmare gli autografi, cosa che riesce benissimo, meglio che firmare gli assegni, ai due Elkann e al resto del management bianconero.
Direte voi: siamo alla prima e già si va giù con il macete? Non il macete ma la polaroid di quello che è accaduto e che potrà accadere ancora. A Rimini ci ha pensato Buffon a salvare un paio di situazioni rischiose ma a Rimini la Juventus ha capito che il campionato di B sarà pieno di trappole e di sorprese amare, che i sogni di una passeggiata trionfale tali resteranno se non ci saranno i sacrifici di cui sopra. Le altre concorrenti alla promozione hanno vinto tutte, la forbice di distacco già ampia si allarga, i tifosi contestano, gli avversari se la spassano, un paio di belle gioie (Camoranesi e Trezeguet) mugugnano, volendosene andare come gli altri hanno fatto prima di loro, Lapo e John firmano magliette e sorridono. Non so bene che cosa abbiano da ridere. A meno che non sappiano come andrà a finire questo strano film incominciato da Vitelloni nella città di Fellini. «Comincia l’operazione simpatia come voleva mio nonno» aveva detto Lapo, accomodandosi in tribuna. Il nonno non sapeva di Rimini. E nemmeno di Ricchiuti.

«La Juve si deve svegliare, i giocatori devono imparare che cos’è la serie B» ha detto lo stesso Lapo a fine partita. Ma dove sono gli insegnanti?

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