Andrea Nativi
Annullare il potenziale militare di Hezbollah. Questa è la prima conseguenza militare del cosiddetto «piano Rice», che prevede il dispiegamento di una forza multinazionale di interposizione in Libano, a ridosso del confine con Israele, ma per una profondità di ben 30 km. Se così fosse, di fatto oltre 2/3 dell'arsenale di razzi in possesso del movimento di guerriglia diventerebbe inutile, in quanto solo i razzi più pesanti, come i Fajir-3-5 (Raad per Hezbollah) sono in grado di colpire bersagli ad una distanza superiore. E questi ordigni, oltre ad avere una mobilità ridotta (devono essere spostati su autocarri), possono essere scoperti più agevolmente, non sono di semplice impiego, sono più costosi ed è difficile contrabbandarli via Siria o per via aerea.
Se a questo si aggiunge che le forze della guerriglia dovrebbero abbandonare tutte le posizioni, le fortificazioni e le postazioni a ridosso del confine, diventerebbe arduo per i team di Hezbollah organizzare e condurre imboscate o colpi di mano in Israele. In pratica Hezbollah si troverebbe con gli artigli spuntati. Ed Israele invece avrebbe sempre la capacità di battere con aerei e unità navali bersagli in ogni parte del Libano.
Quanto alla consistenza della forza multinazionale è inappropriato parlarne fino a quando non si saprà quale sarà il mandato e la ampiezza effettiva del territorio libanese che dovrà controllare. In ogni caso si tratta di una forza consistente, che dovrà comprendere decine di migliaia di uomini, considerando anche il supporto logistico.
Per essere credibile la forza multinazionale dovrà operare nell'ambito del Capitolo VII della carta dell'Onu, che legittima il ricorso alla forza per difendere la pace ed impedire atti di aggressione. Ma sarà comunque necessario uno scenario permissivo, ovvero l'accettazione da parte di tutti i protagonisti della presenza di truppe straniere nella zona cuscinetto, perché nessun paese è disponibile a mettere in campo i propri soldati con il compito di «imporre» la pace ai combattenti di Hezbollah. Non sarà poi assegnato il compito di disarmare le milizie, al massimo si potrà sovrintendere al processo volontario di disarmo e sequestrare tutte le armi in circolazione.
Il nocciolo duro di una simile forza sarà costituito da contingenti consistenti forniti da paesi Nato/Europei. Servono truppe addestrate, professionali, con mezzi moderni (blindati, artiglieria, corazzati) e capacità di sorveglianza, ricognizione ed intelligence (Isr) nonché di comando e controllo allo stato dell'arte. Servirà poi un supporto di elicotteri da combattimento, da trasporto, ricognizione e l'impiego di velivoli senza pilota, se non anche di aerei da combattimento e da trasporto tattico.
Quanto al comando, è logico pensare alla Nato, ma anche l'Unione Europea potrebbe entrare in gioco, sempre sfruttando le strutture Nato. Le pedine operative in ogni caso le stesse.
Assemblare una forza di questo tipo, stabilirne compiti, consistenza, struttura, mettere a punto il piano di spiegamento e la definizione dei settori operativi richiede tempo, anche se la Nato ha forze di intervento rapido ad attivazione pressoché immediata. Soprattutto serve un consenso politico.
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