Ricerca farmaceutica, corre in Usa e Giappone ma l’Europa arranca

Castorina (Takeda): Tokio ha saputo scegliere le giuste strategie per lo sviluppo dell’innovazione

Luigi Cucchi

da Milano

«La ricerca farmaceutica in Giappone e negli Stati Uniti continua a crescere in misura ben superiore a quanto avviene in Europa: rallenta così la capacità innovativa del vecchio Continente. Tra il 1990 e il 2004 gli investimenti Usa destinati allo sviluppo nell’area del farmaco sono quasi raddoppiati rispetto all’Europa. Nel solo 2004 gli Usa hanno investito oltre 27mila milioni di euro contro 21.500 dell’Europa. Questo divario si ripercuote sul piano della competitività, come è stato ricordato nei giorni scorsi a Bruxelles durante l’annuale assemblea dell’Associazione europea delle industrie farmaceutiche che danno lavoro a oltre 588mila persone, 439mila nel 1985», afferma Maurizio Castorina, siciliano, una laurea in fisica, amministratore delegato di Takeda Italia, consociata della prima industria farmaceutica giapponese che con 8mila dipendenti ha registrato un volume di affari nel 2004 di oltre 10 miliardi di dollari.
«Il ritardo europeo è dovuto essenzialmente alla mancanza di scelte strategiche finalizzate allo sviluppo dell’innovazione. Gli Stati Uniti in questi ultimi anni hanno saputo attirare le stesse aziende europee e i loro Centri di ricerca. Il Giappone fino agli anni Sessanta e Settanta era privo di una vera industria farmaceutica. La stessa Takeda, fondata nel 1781, svolgeva all’inizio del secolo scorso la sua attività soprattutto nell’area fitoterapica. Il governo giapponese, dopo aver compreso che la ricerca farmaceutica è ad alto valore aggiunto e vitale allo sviluppo economico di ogni Paese, adottò interventi per rendere competitivo l’intero settore. L’obbiettivo era lo sviluppo sostenibile, concordato dal governo con tutti gli attori, industrie comprese. Sono così decollate aziende giapponesi come Fujsawa, Sankyo, Yamanouchi, Daichi, Cughai. La ricerca farmaceutica giapponese è oggi competitiva, ha un ruolo determinante nello scenario internazionale. Takeda è impegnata nella ricerca di soluzioni valide per una migliore qualità di vita dei pazienti affetti da malattie gastrocorrelate in grande diffusione e cerchiamo farmaci innovativi per le forme plurimetaboliche».
Ai confini con Lombardia e Piemonte, a Cerano, Takeda ha un centro industriale (il 70% degli occupati è laureato o diplomato) dove produce specialità farmaceutiche solide orali per numerosi Paesi europei. È un contributo alle esportazioni farmaceutiche italiane, il cui saldo della bilancia dei pagamenti è in attivo. Il mercato mondiale farmaceutico nel 2004 è stato stimato in circa 442 miliardi di euro, pari a 550 miliardi di dollari, a prezzo di produzione.

Il mercato americano (Usa e Canada) rimane il più grande del mondo con una quota del 47,8%, ben avanti all’Europa ed al Giappone che hanno rispettivamente una quota del 29,6% e del 11,1%.
«L’Europa farmaceutica rischia l’emarginazione. La ricerca – aggiunge il dottor Castorina – necessita di condizioni che ne favoriscano lo sviluppo, sempre più assenti nei Paesi europei».

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