Riecco Bertinotti: «O il Professore o le primarie»

Il segretario di Rifondazione si schiera: «Va rifiutato ogni tentativo di mettere in discussione la sua leadership». E aggiunge: «Adesso basta con le schermaglie»

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da Roma

Romano Prodi mette sul piatto la sua unica fiche, il valore aggiunto, se stesso. Il «mostro» creato in laboratorio nel ’95 da un centrosinistra a corto di leadership e idee è sfuggito ai suoi inventori. Si aggira famelico e determinato: da professore in economia prestato alla politica, Prodi oggi rivendica la sua leadership come unica possibile. D’altronde «chi oserebbe sfidarlo in campo aperto?», chiedeva ieri uno dei fedelissimi. Su questo terreno il Professore gioca la sua partita di sopravvivenza, trovando un alleato chiave in Fausto Bertinotti. Già, perché se è scontato che Fassino e Boselli abbiano costruito l’intera strategia di questi anni su Prodi, che Pecoraro Scanio, Diliberto e Di Pietro possano ricorrere all’«lista dell’Ulivo» per qualche seggio al proporzionale, non è altrettanto scontato immaginare che Rifondazione - sia pure dall’esterno - costituisce oggi uno dei più forti tasselli della leadership prodiana.
Atterrato in serata a Bruxelles, Bertinotti ha ribadito che «occorre mettere al riparo l’Unione da ogni schermaglia». E, come aveva dichiarato al quotidiano Liberazione nel pomeriggio, ha ricordato che «per noi ci sono due punti fermi, il consolidamento democratico dell’Unione e la conferma della leadership di Prodi». Tanto è marcata, questa scelta strategica, che nell’eventualità (tramontata) di una rinuncia dello stesso Prodi a guidare la coalizione, Bertinotti avverte gli alleati che «non ci sarebbe altro mezzo che ricorrere alle primarie per determinare la nuova leadership». Quest’autentica spada di Damocle per qualsiasi candidatura alternativa a Prodi lo aiuta non poco a «blindarsi».
D’altronde, in questi giorni, il leader di Rifondazione e il capo della coalizione si sono sentiti più volte per telefono. E ciò che Bertinotti ha dichiarato, che «bisogna assolutamente evitare di farsi trascinare in marosi momentanei, in giochi e spinte estemporanee», è stato il punto fermo del Professore. «Bisogna rifiutare la messa in discussione della leadership di Prodi all’interno dell’Ulivo», suggeriva Fausto. Così Romano è potuto andare, a testa bassa, per la sua strada. Il tempo gioca a favore del leader dell’Ulivo e gettare in avanti la prospettiva strategica di una lista nuova, ancorché «non di Prodi», serve alla bisogna. Se ne discuterà, si polemizzerà, cominceranno le iscrizioni d’ufficio e le esclusioni polemiche (Di Pietro ha già detto che gli sta a pennello), ma il progetto inevitabilmente porterà Prodi a superare l’estate. Dopo l’estate, il discorso sulla leadership è chiuso: non ci sarà tempo per nessun altro, neppure dovesse chiamarsi Walter Veltroni (l’unica incognita potrebbe essere legata a candidato della Cdl diverso da Berlusconi).
Con la sua mossa del cavallo Prodi rompe l’accerchiamento della Margherita. Ha dalla sua la Quercia, lo Sdi, poi magari i verdi e persino Mastella (incognita tremenda per Rutelli e Marini. I ribelli dl si trovano ora emarginati sull’ala destra. Tanto più che il «soccorso rosso» di Bertinotti è affondato nella stessa sfida della stabilità, proponendo il metodo democratico come collante per tutti. A partire dalle battaglie concrete, prima fra tutte quella del referendum, che il leader rifondazione vede come «terreno unitario praticabile da subito». Secondo Bertinotti «è necessario dotare l’Unione di una forza tale da sopportare i conflitti e le sfide che ci saranno anche nei prossimi anni... Una forza che non può derivare dal rapporto tra i partiti. L’Unione deve avere un fondamento democratico, deve essere capace di organizzare un rapporto con il suo popolo.

Qui vedo la possibilità di un rafforzamento della leadership di Prodi». Creare un blocco sociale unionista: Bertinotti chiama, Prodi risponde. Fuori dall’egemonia degli apparati di partito. Forse una «coppia di Re» nello scombiccherato mazzo di carte del centrosinistra.

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