Londra - Primi momenti di libertà ieri per i 15 marinai inglesi rimasti prigionieri a Teheran per tredici, lunghissimi giorni. Dopo un rilascio annunciato in diretta tv dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e definito «un regalo per gli inglesi», i militari hanno toccato il suolo britannico alle 12 ora locale. Un applauso spontaneo e caloroso è scoppiato fragorosamente a bordo non appena il volo 6634 proveniente dall’Iran è atterrato all’aeroporto londinese di Heathrow. I militari sono stati poi immediatamente trasferiti su due elicotteri Sea King della Raf, che li ha portati in una base dei marines nel Devon dove hanno potuto riabbracciare i propri cari lontano da occhi indiscreti. Questa vicenda, gestita quasi alla stregua di un reality, con le telecamere pronte a riprendere, a fotografare, a trasmettere apparizioni in video e discorsi ufficiali, si è conclusa così nella discrezione più totale. Nei prossimi giorni i soldati verranno sottoposti a controlli e a test medici e dovranno ripercorrere tutte le tappe della prigionia, dall’arresto fino al rilascio. Dipenderà infatti proprio dai loro resoconti, la comprensione di che cosa sia realmente accaduto nel corso di questo periodo, quando i 15 hanno ammesso lo sconfinamento illegale nelle acque territoriali iraniane, errore che Londra ha sempre seccamente smentito.
E anche ieri il primo ministro Tony Blair, in una conferenza stampa svoltasi a Downing Street, ha confermato quanto detto al momento della liberazione. «Non c’è stato nessun accordo con l’Iran – ha sottolineato Blair – nessun negoziato sottobanco, nessun patto segreto di qualsivoglia natura». E quello di ieri non ha potuto peraltro essere un discorso del tutto sereno, poiché proprio nel giorno del ritorno a casa dei quindici marinai, altri quattro soldati, tra cui due donne, erano stati appena uccisi a Bassora, in Irak. Così, il premier nel rallegrarsi per la liberazione dei suoi marinai, ha ricordato la costante necessità di confrontarsi direttamente con la «terribile realtà del terrorismo internazionale». Anche se è troppo presto per sapere se nell’episodio di Bassora vi sia anche lo zampino dei pasdaran, il premier ha ricordato che «vi sono elementi del regime iraniano che finanziano, armano e appoggiano, proprio atti di terrorismo come quello di Bassora». «Sebbene siano state aperte altre vie di dialogo con l’Iran – ha detto ancora Blair – non tollereremo i tentativi di riarmo nucleare né coloro che sostengono le organizzazioni terroristiche». Il leader britannico si è detto anche soddisfatto della gestione della vicenda appena conclusasi sottolineando la doppia strategia mantenuta dal governo inglese nei giorni della prigionia. «Il dialogo con l’Iran è sempre rimasto aperto – ha spiegato – ma nel contempo abbiamo mobilitato la comunità internazionale facendo capire agli iraniani che erano soli in questa battaglia. Dal mio punto di vista infatti sarebbe stato veramente “naïf” poter pensare che la nostra gente sarebbe stata rilasciata se non avessimo agito contemporaneamente in entrambe queste direzioni».
Dopo Blair il segretario alla Difesa Des Browne ha ricordato il coraggio e l’estrema dignità dimostrati durante il sequestro dai militari britannici. Le immagini di molti di loro costretti a scusarsi per la loro azione trasmesse dalla televisione iraniana sono un ricordo doloroso e amaro che non verrà cancellato dalle strette di mano amichevoli con il presidente iraniano dopo l’annuncio del rilascio, né dai souvenir locali distribuiti agli ex ostaggi in segno di amicizia. Rimane invece l’inquietudine delle ultime parole pronunciate da Faye Turney, l’unica donna del gruppo che anche all’ultimo momento si è scusata per l’errore commesso ringraziando il governo iraniano per aver deciso di lasciarli andare. Su una vicenda in cui molto rimane ancora da chiarire, gli esperti ora si dividono.
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