NapoliIl presidente della Provincia di Benevento, professori universitari e funzionari della Regione Campania: la brutta storia dei rifiuti campani, ha generato un'altra retata. Quindici arresti (uno in carcere, quattordici ai domiciliari), ordinati dai pm della Procura di Napoli, Sirleo, Novello e Milita, che hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice delle indagini preliminari, Aldo Esposito. Le indagini sono state compiute dagli agenti della Dia di Napoli (diretta dal vicequestore Maurizio vallone) e dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Al centro di questa nuova indagine sulla «monnezza», i lavori delle commissioni di collaudo degli impianti di produzione ex Cdr realizzati da «Fibe spa» e da «Fibe Campania spa», su appalti banditi dal Commissariato di governo per l'Emergenza rifiuti in Campania nel 1999. Le accuse per gli indagati sono di falsità ideologiche in atto pubblico.
In sostanza, in base a quanto accertato dagli investigatori, «si sarebbe consentito ai componenti le commissioni di collaudo la stesura di certificati di collaudo ove si è attestata falsamente l'ottemperanza da parte di Fibe - Fisia, degli impegni dettati dai contratti di appalto e ciò in aperto contrasto con l'accertata inidoneità degli impianti di produzione di Cdr a produrre frazioni di rifiuti rispondenti agli impegni contrattuali, inidoneità messa in risalto da sopralluoghi analisi di organismi tecnici e dalle indagini della Procura».
Tra i quindici arrestati vi è anche il presidente della provincia di Benevento, Aniello Cimitile del Pd. Altri due indagati eccellenti sono i direttori dei lavori, Mario Gily e Giuseppe Vacca, accusati di avere «consentito, con una serie di note dal contenuto ritenuto falso, l'installazione di macchinari diversi da quanto indicato nel progetto, stilando poi relazioni finali dei lavori di costruzione degli impianti di cdr nelle quali non diceva nulla sulle modifiche agli impianti e sulle criticità funzionali emerse durante la lavorazione dei rifiuti».
Le intercettazioni telefoniche hanno aiutato gli inquirenti nella loro attività investigativa. Nel corso di una delle conversazioni intercettate (ottobre 2005), si sente uno degli indagati che dice a un amico, «come ho avuto l'incarico? Io faccio parte di un partito. E chiaramente non faccio il nome del partito perché non è il caso», rivela Alfredo Nappo, collaudatore dell'impianto cdr di Caivano (Napoli).
Per il gip Esposito è sufficiente per scrivere nero su bianco che «tale conversazione disegna uno scenario sconcertante, notevolmente difforme dai presunti buoni propositi indicati nei provvedimenti di nomina, nei quali si fissavano i criteri informatori per la designazione dei commissari di collaudo».
Nell'obiettivo degli inquirenti sono finiti anche i criteri di nomina dei collaudatori degli impianti Cdr in Campania, adottati dal Commissariato per la emergenza rifiuti in Campania dell'epoca. Scrive ancora il gip Esposito che la nomina «avveniva comunque secondo criteri fiduciari, sulla scorta di conoscenze personali ovvero di una non meglio specificata, e per questo sostanzialmente irrilevante, analisi del curriculum».
carmine spadafora@libero.it
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