«Riforma del fisco in primo piano e stavolta non deciderà Tremonti»

nostro inviato a Bucarest

Passata la nottata e arrivato il day after della «sberla», Silvio Berlusconi inizia vagamente a metabolizzare il colpo. Il Cavaliere, certo, resta nero, nonostante il sorriso che riesce a sfoggiare quando a metà mattina incrocia i giornalisti nella hall dell’hotel Intercontinental di Bucarest. Come la sera prima, infatti, nasconde dietro un buon umore di facciata e qualche battuta quel che davvero gli passa per la testa. «Ho fatto una riunione perché volevo fissare la data del mio funerale – dice ai cronisti – ma nei prossimi giorni ho troppi impegni e quindi rimandiamo».
Il messaggio è chiaro: Berlusconi non molla e non farà passi indietro. Tutto il resto, però, è possibile. A partire da un deciso rilancio dell’azione di governo sul fronte economico, con al primo punto la riforma fiscale. Il Cavaliere – e ne parla anche nella telefonata mattutina con Umberto Bossi – è infatti convinto che sia arrivato il momento di un chiarimento definitivo con Giulio Tremonti. «Deve decidere – è il senso dei ragionamenti del premier – se è della partita anche lui oppure no». Traduzione: questa volta se ci si impegna su una riforma o su un provvedimento non gli sarà permesso di sfilarsi in corso d’opera con la solita litania del rigore dei conti. Il rigore – lo ripete spesso Berlusconi nelle sue conversazioni private – è stato sicuramente un merito di Tremonti, ma è arrivato il momento di mettere in atto politiche per la crescita. Che devono essere decise a Palazzo Chigi e non al ministero dell’Economia.
Il precedente, che ha fatto perdere la pazienza anche a uno solitamente calmo come Gianni Letta, è quello del decreto sullo Sviluppo visto che tutte le riunioni si sono tenute a via XX Settembre. Insomma, secondo Berlusconi è arrivato il momento di creare una vera e propria cabina di regia che potrebbe essere composta da qualche economista e qualche ministro. Comunque un gruppo ristretto che possa prendere decisioni concrete e rapide. Un’idea su cui il premier pare intenzionato a non far passi indietro tanto che in una delle tante conversazioni private degli ultimi giorni all’interlocutore che gli obiettava che Giulio non avrebbe mai accettato ha risposto in maniera piuttosto tranchant: vorrà dire che questa volta sarò io ad accettare le sue dimissioni. Non a caso il Cavaliere torna sull’argomento anche nel pomeriggio, durante il ricevimento nei giardini del Quirinale per la festa della Repubblica: «Al primo punto dell’agenda c’è la riforma del fisco. E non è Tremonti che decide, lui propone». Piuttosto eloquente.
Ma tutto può succedere anche sul fronte del Pdl. Perché se è vero che un cambio della guardia al vertice è in questo momento difficile da realizzare bisogna anche tenere conto dei movimenti tellurici che stanno scuotendo il partito dalle fondamenta. Insomma, non è detto che una «rivoluzione» a breve non sia possibile, tanto che c’è chi spiega il rinvio dell’ufficio di presidenza del Pdl a questa sera come un modo per prendere tempo ed avere le idee più chiare sul da farsi. Sul tavolo c’è anche l’ipotesi di aprire alle primarie perché, dice il premier, «personalmente sono per tutto ciò che è espressione dell’opinione pubblica» e «se la gente sceglie viene fuori quello che piace alla gente» anche «se mi sono sempre chiesto come fai a sapere chi viene a votare. A sinistra hanno funzionato perché sono venuti fuori candidati che non appartengono al Pd. Il Pd ha perso le primarie».
Poi, qualche rimorso per non avere candidato a Napoli Mara Carfagna («con lei avremmo vinto ma non volevamo consegnarla alla camorra») e una certezza: «Abbiamo subito un gol ma stiamo ancora 4 a 1, perché abbiamo vinto politiche, regionali, amministrative, europee e abbiamo ancora due anni di gioco. Quindi...». Quindi, è il senso del suo discorso, si ricomincia da qui.

E dall’ufficio di presidenza del Pdl in programma oggi alle 18. Quanto alla verifica parlamentare sul governo, prevista per l’ultima settimana di giugno, il premier ostenta sicurezza: «Non c’è alcuna preoccupazione, zero virgola zero».

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