Politica

Riforme, via alle consultazioni ma Fassino rilancia il referendum

Mastella minaccia: «Piuttosto le urne» Il Polo: «Prodi non si fida della Quercia»

da Roma

Ammette di avere «idee confuse», il ministro Vannino Chiti. «Almeno quanto Buttiglione...», si difende con orgoglio. Ma non si può gettare la croce addosso al ministro, considerato quanti sono i giochi (e i giocatori) in ballo sulla legge elettorale. Passi doppi e tripli, e piroette spiazzanti, anche nel giorno in cui Palazzo Chigi dirama il calendario delle consultazioni con le opposizioni. Martedì prossimo tocca alla Lega, giovedì 15 all’Udc, martedì 20 marzo ad An, mercoledì 21 a Forza Italia. Lega e Forza Italia invieranno da Prodi i capigruppo parlamentari. Una riunione tenuta ieri a Palazzo Grazioli, presente Silvio Berlusconi, ha definito la strategia che sarà perseguita dagli «azzurri», in questa prima fase, e che ricalca la «bozza Dalimonte» (piccoli ritocchi al sistema elettorale vigente). In più, potrebbe essere accettata una riduzione del numero dei parlamentari.
Intanto, però, il leader ds Fassino aveva già sconfessato il «suo» ministro Chiti per difendere il referendum: «Penso che se non c’è un accordo, il referendum rappresenta comunque un fattore di innovazione e dinamizzazione. Per cui la legge si può fare dopo...», ha detto. Ragionamento alquanto capzioso, specie nel giorno in cui Chiti cerca di rilanciare la sua «bozza» e Prodi di far partire le consultazioni per un’intesa tra i poli. Con i presidenti di Camera e Senato che annunciano un incontro, lunedì, per coordinare l’iter della legge (probabilmente partirà dal Senato, ma Marini mette le mani avanti: «La legge è urgente, ma non dovrà servire per anticipare il voto»).
Di fronte al caos in atto, Forza Italia suppone che «Prodi non si fidi dei Ds» e per questo «ha voluto prendere il pallino in mano» anche a costo di fare «uno sgarbo a un ministro che si è mosso con senso di equilibrio, come Chiti» (così Fabrizio Cicchitto). Volendosi addentrare nel gioco, occorrerebbe aggiungere che neppure i Ds si fidano di Prodi, e che non è chiaro che «parte» in recita il premier abbia affidato all’ultrareferendario e fedelissimo Parisi. Lecito ritenere che nessuno si fidi di nessuno, Mastella meno di tutti. «Per noi la legge elettorale è questione di legittima difesa e quindi o la va o la spacca: non ci faremo superare né andremo al precipizio del referendum. Prima del referendum, ci sarebbero le politiche», dice la franchezza mastelliana.
In una situazione del genere, l’equilibrio del ministro Chiti è merce rara. Ieri ha cercato di mettere almeno un minimo d’ordine, ricordando che l’intesa politica tra maggioranza e opposizione sarebbe necessaria, ma è anche necessario che sia «precisa nei tempi: va raggiunta entro il 24 aprile, data d’inizio della raccolta di firme per il referendum...». Ma con i Ds apertamente all’attacco di Chiti e i piccoli partiti della maggioranza a difenderlo, ogni intesa pare difficile. Martedì, annuncia Maroni, «cercherò di capire che cosa Prodi abbia in mente».

Mission impossible, probabilmente.

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