Fabrizio de Feo
da Roma
È un vertice ai massimi livelli quello andato in scena, nella tarda serata di ieri, a Villa Certosa tra Silvio Berlusconi, Marcello Pera e Gianni Letta. Un summit pre-ferragostano convocato dal premier per fare il punto sul momento della Casa delle Libertà e cercare di diradare le nebbie sempre più fitte che si addensano sulla coalizione dopo la sequenza di affondi firmati dai massimi dirigenti dellUdc, Pier Ferdinando Casini e Mario Baccini in testa, ma anche da Francesco Storace. Unoffensiva a tenaglia che mette in pericolo la tenuta del centrodestra nella sua forma attuale, irrita la Lega e, potenzialmente, pone le basi per modificare larchitettura interna della coalizione, rimescolando le carte e scomponendo quella esistente.
Il premier conosce bene le regole dingaggio. Sa quando la temperatura politica dentro la Cdl raggiunge il livello di guardia. Così, percepito il segnale dallarme, il premier decide di confrontarsi con due dei suoi compagni di cammino più fidati, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e il presidente del Senato (luomo che da tempo intrattiene i rapporti più stretti con lo stesso Casini e che due giorni fa ha avuto con linquilino di Montecitorio una lunga telefonata). Un «trio anomalo» che analizza i vari scenari che si vanno profilando, a partire da quello di uno strappo autunnale dellUdc. Una ipotesi, quella della possibile «corsa in solitario» dei centristi alle prossime elezioni, che viene derubricata come «fantapolitica» dalle parti di Palazzo Chigi. A una improvvisa vocazione terzopolista dellUdc, infatti, il premier crede poco o niente. I centristi, alla fine, saranno al loro posto di combattimento - è questa la convinzione che emerge nel summit - anche se il reiterarsi degli affondi inizia a destare sospetti e la situazione deve essere monitorata con attenzione.
Il ragionamento parte da una premessa: dietro i malumori centristi ci sarebbe soprattutto la delusione per la sostanziale archiviazione dellipotesi di un ritorno al proporzionale. Uno strumento, quello della vecchia legge elettorale, fortemente sponsorizzato dal presidente della Camera ma inciampato nelle resistenze dei massimi dirigenti (ma anche della base parlamentare) di Forza Italia. Il messaggio del premier è, dunque, quello di prestare la massima attenzione alle richieste centriste e ricucire il rapporto con il riottoso alleato. Certo i malumori dentro Forza Italia non mancano come testimonia la pubblica «amarezza» di Fabrizio Cicchitto per latteggiamento dellUdc «che non fa altro che parlare di sconfitte», o lirritazione di Francesco Giro stupito nel vedere come «nel momento in cui si intravede la luce alla fine del tunnel della recessione economica europea, lUdc preferisca attardarsi in una polemica senza sbocco». Ma in questo momento Berlusconi invita i suoi a tenere i nervi saldi e a non alzare troppo i toni di questo torrido agosto, in attesa di un chiarimento con lalleato centrista che a questo punto non potrà tardare.
Se il fronte centrista viene osservato con attenzione, il premier discute anche di unaltra necessità: quella di rassicurare la Lega, dopo la proposta di Storace di fermare il treno delle riforme ormai lanciato verso la definitiva approvazione. Lidea di ibernare le riforme costituzionali e trasformarle in un manifesto elettorale per il 2006 non trova proseliti. Anzi viene percepita come una pura provocazione nel quartier generale leghista. Pertanto la risposta migliore è fissare subito la data della discussione delle riforme non solo alla Camera ma anche in Senato, così da rassicurare il Carroccio sul fatto che i patti non verranno traditi e si andrà fino in fondo, senza frenate o «stralci».
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