Il Risorgimento degli anti Cav

Il Comitato dei garanti per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia (1861-2011) perde i pezzi. All’inizio fu Carlo Azeglio Ciampi, il presidente, dimissionario per stanchezza, fatto comprensibile vista l’età avanzata (89 anni). Poi hanno (anzi: «avrebbero», il condizionale è d’obbligo, ieri alle ore 15 nessuno era reperibile nelle stanze del Comitato poiché, spiegava l’unica presente, «è venerdì») lasciato Gustavo Zagrebelsky, Dacia Maraini, Ugo Gregoretti, Marta Boneschi, Ludina Barzini. La Maraini ha motivato così la sua decisione: «Di fatto non contavamo più niente, ci eravamo ridotti a una foglia di fico, mentre si cercava di far passare sul Risorgimento una lettura revisionista in linea con l’ideologia della Lega». Zagrebelsky precisa che per ora non c’è stato un atto formale, anche se ha presentato una lettera di dimissioni in cui esprime «disagio». Lettera che sarebbe poi stata firmata anche da alcuni degli altri membri citati.
La rottura è sorprendente. Dopo un inizio al rallentatore, in settembre i lavori erano ripartiti. «Gli incontri sono sempre stati pacifici, incluso l’ultimo a fine marzo», racconta Marcello Veneziani, fra i trenta del Comitato. C’è stata qualche polemica, ma roba «di ordinaria amministrazione, non tale da creare scissioni, dimissioni e quant’altro». Il nodo della contesa era il seguente.
«Giovanni Conso e una parte del Comitato ritenevano di dover concentrare i lavori anche sul Novecento, il Secondo Risorgimento, la guerra civile. Ma alla fine aveva avuto la meglio, con l’assenso di Ciampi stesso, un altro punto di vista: si parla fin troppo di Novecento, invece di tornare agli anni dominati dalle ideologie, meglio concentrarsi sull’Unità, anche perché permette di toccare questioni vitali quali il federalismo». Quanto allo stato dei progetti, Veneziani dice: «Dopo l’estate sono stati approvati diversi programmi e non ho mai sentito voci contrastanti in seno al Comitato». A detta dello storico Francesco Perfetti, anch’egli nel Comitato, «si sta montando un caso inesistente. Non ci sono mai state occasioni di scontro. Certo, c’è il problema dei fondi. Ma non è una novità. E le riunioni sono sempre state tranquille. In merito alla visione revisionista del Risorgimento che starebbe uscendo dai lavori, beh, trattasi di pura fantasia».
Cos’è successo dunque? Perché all’improvviso la situazione è precipitata? Facciamo un paio di ipotesi, con l’avvertenza che una non esclude l’altra.
La prima. Il Comitato fu costituito dal presidente del Consiglio Romano Prodi nel 2007. Era un po’ sbilanciato a sinistra, tanto che fu necessaria un’integrazione nel 2009, quando entrarono a farne parte, oltre a Veneziani, Elena Aga Rossi, Piero Craveri, Ernesto Galli Della Loggia, Francesco Perfetti, Lorenzo Ornaghi e altri. Il «correttivo» risultò un po’ indigesto ad alcuni membri già in carica. Ora quel difetto d’origine fa sentire i suoi effetti.
La seconda. La nuova parola d’ordine è dividere Popolo della libertà e Lega Nord, sostenendo che il primo sia succube della seconda, nonostante i crudi numeri raccontino un’altra vicenda. È il logico obiettivo del Partito democratico, che si può appoggiare alle dichiarazioni di Gianfranco Fini (il quale ha fatto esplicito riferimento, nel suo discorso dell’altro ieri, proprio alle celebrazioni del 150º, manifestando malcontento). Forse qualcuno a sinistra ha creduto che le dimissioni di Ciampi fossero una buona occasione per aggiungere carne al fuoco e aprire un altro fronte contro il governo. Ecco spiegate le dichiarazioni sul Comitato che sarebbe ostaggio del «revisionismo leghista» etc. etc. Sarà un caso ma ieri sia il Partito democratico, sia l’Italia dei Valori hanno battuto un colpo, chiedendo spiegazioni e sottolineando... il peso del «revisionismo leghista», il «rischio per l’unità del nostro ordinamento» e così via.


Comunque sia, la vicenda resta come testimonianza del fatto che le due Italie, quella di destra e quella di sinistra, non riescono a stare insieme nemmeno quando si tratta di celebrare l’unità del Paese. Al lettore giudicare di chi è la responsabilità.

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