Roma - Se a livello centrale il Pd è allo sbando, a quello periferico è già capottato. Si prenda il Molise dove il partito, non da ieri, è lacerato da una vera e propria faida intestina. E a Termoli, martedì scorso, è andato in scena uno show tragicomico. Nella sezione cittadina allestita nel centro commerciale «Lo Scrigno» si sono visti interrogatori stile Pcus, insulti e risse. Una bagarre in piena regola terminata, come si conviene, con l’intervento dei carabinieri.
Tutto inizia alle 20 quando, nell’ultima ora utile per aderire al partito di Franceschini, si presentano il sindaco di Termoli, Vincenzo Greco, e due consiglieri ex Udeur, Antonio Giuditta e Gabriele Petrella. Il primo, importante esponente del centrosinistra, tuttavia non ha mai avuto alcuna tessera in tasca. Gli altri hanno detto addio a Mastella, reo di essersi spostato a destra. Il gruppetto piomba davanti ai vertici locali del Pd, guidati da Antonella Occhionero, e parte l’insolito esame. Test curioso, visto che nella giunta e nella maggioranza che regge Greco sono presenti diversi esponenti piddini. Il colloquio si trasforma presto in un interrogatorio e la tensione sale alle stelle. Lì dentro c’è chi la tessera non gliela vuole proprio dare e partono gli insulti: «Sputi nel piatto dove mangi», gli rinfaccia qualcuno che lo accusa di simpatizzare per l’Idv. Il sindaco ribatte colpo su colpo ma poi crolla, cede, si alza e se ne va indignato. Accanto a lui un assessore che, più che basito, straccia persino la tessera appena sottoscritta. Il sindaco, amareggiato, si sente un po’ Beppe Grillo e non risponde più al telefonino che squilla invano dopo che, presumibilmente, dall’alto è arrivato il nulla osta all’iscrizione. Forse qualcuno si è reso conto che il niet è stato un passo falso. In sezione la bagarre continua fino all’arrivo dei carabinieri ai quali gli ex udeurrini fanno verbalizzare il divieto al tesseramento.
Una bella bega per il povero Franceschini, dopo quella recente dell’affaire D’Ascanio. Pochi giorni fa, infatti, il commissario regionale del Pd, il deputato Giampiero Bocci, ha espulso dal partito otto persone. Mica pedine insignificanti: cacciati il presidente della provincia di Campobasso, Nicola D’Ascanio, l’assessore Pierpaolo Nagni, un po’ di consiglieri provinciali e l’ex capogruppo Pd al comune di Campobasso, Lello Bucci. La loro colpa, secondo Bocci, l’aver appoggiato una lista che alle ultime comunali era in contrapposizione alla lista ufficiale. Piccata la replica degli epurati: «Il Pd molisano s’è trasformato in un comitato elettorale che serve solo a curare gli interessi di pochi impoverendo il partito che in pochi mesi ha perso due terzi dei consensi che aveva in Molise».
E in effetti lì il partito rischia l’estinzione, surclassato dal Pdl e cannibalizzato da Di Pietro. Alle europee Franceschini ha raggranellato un misero 12% contro il 28% dell’Idv e il 41,8% del Pdl. Alle politiche del 2008 prese il 18% e nel 2006, come Ulivo, il 29,7%. Insomma una débâcle. Di chi la colpa? In molti puntano il dito contro Roberto Ruta, ex deputato margheritino, amico di Bocci, sostenitore di Franceschini, eterno pupillo di Beppe Fioroni e vero dittatore-padrone del partito. Ma la resa dei conti in Molise continuerà anche dopo il congresso di ottobre.
In vista due date: tra due anni si vota per le regionali e pochi mesi prima è prevista anche l’elezione del nuovo presidente della provincia di Campobasso. Chi prende in mano oggi il partito laggiù gestirà candidature e alleanze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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