Economia

Ritratto di una professione che cambia

Gli incontri con la Direzione regionale delle Entrate per «canalizzare» i quesiti e ottenere così risposte univoche e veloci

Ritratto di una professione che cambia

Laura Verlicchi

La “gestazione“ è stata lunga e tutt’altro che facile, ma ora l’Albo unico, che riunisce ragionieri e dottori commercialisti, è finalmente una realtà. La professione economico-contabile, dunque, cambia volto: e la regione-laboratorio di questa trasformazione è certamente, per storia e per vocazione, la Lombardia. Ci siamo dunque rivolti ai coordinatori regionali dei due Albi, Mario Canevari per i ragionieri e Gilberto Gelosa per i dottori, per scattare la fotografia aggiornata del commercialista lombardo. Dal confronto, emergono opinioni non sempre identiche, ma concordi quantomeno su un punto: la legge non precorre certamente i tempi,anzi.
«Se ne parla da cinquant’anni - afferma Mario Canevari- ma la scelta è divenuta obbligata all’inizio dello scorso decennio, quando, con la legge 183 del 1992, è cambiato l’accesso alla professione e il titolo di ragioniere - sia pure “corroborato“ da un triennio di praticantato - è divenuto insufficiente,in mancanza della laurea, per l’iscrizione all’albo. A quel punto ci trovavamo di fronte a due professioni con percorsi formativi, competenze e tariffe identici: mantenerle separate appariva come una stravaganza giuridica».
Gilberto Gelosa avrebbe preferito una soluzione diversa. «Il problema - dice - doveva essere affrontato prima, quando alle due categorie sono state attribuite le stesse competenze, pur mantenendo titoli di studio diversi. Comunque, l’Albo unico razionalizza, sia pure in ritardo, la situazione, e va bene. Ma il vero cambiamento per noi sarebbe la nascita delle società di professionisti, prevista dalla riforma delle professioni».
E qui si apre un altro capitolo, perchè la riforma, pur indicata come prioritaria a tutti i livelli, non è ancora stata affrontata. Ma, ricorda Canevari, «il problema immediato era far passare in tempi brevi il decreto legislativo che istituisce l’albo unico, poi tutto è perfettibile. Compresi i problemi di governance, particolarmente sentiti in una regione come la nostra che ha i numeri percentualmente più elevati, penalizzati da un ordinamento come questo che ha un carattere rappresentativo non direttamente proporzionale. Inoltre, è stato abbassato il numero di iscritti necessari per dar vita a un Ordine, purchè coincidente con una circoscrizione di tribunale, e questo avvantaggia il Centro-Sud, ma non certo i grossi centri lombardi».
Anche il coordinamento regionale è ritenuto un’opportunità, in quanto, sottolinea Gelosa, «anche se gli ordinamenti del ’53 non lo prevedevano, oggi il sistema in cui operiamo, Agenzia delle Entrate in primis, è strutturato su base regionale, tant’è vero che il coordinamento, sia pure a livello informale, già esiste. La proposta per ora non è stata presa in considerazione, ma tutta la materia, compreso il controllo degli ordini locali sul consiglio nazionale, fa parte del pacchetto Castelli per la riforma delle professioni e si è preferito quindi evitare “fughe in avanti“ da parte dei commercialisti».
Tuttavia, in Lombardia esistono già delle novità concrete. «Abbiamo avuto nei giorni scorsi- spiega Mario Canevari -un incontro con la Direzione regionale delle Entrate, per arrivare a una canalizzazione dei quesiti posti dai commercialisti. Questo garantirà risposte più celeri e soprattutto ridurrà al minimo la possibilità di interpretazioni contrastanti, con vantaggi sia per i professionisti che per i contribuenti. Come interlocutore unico, avremo anche la possibilità di farci ascoltare di più, superando la minor forza che avevamo nei confronti, ad esempio, degli avvocati». Gelosa non è d’accordo: «Il numero non fa sempre la forza: vedi i notai, una categoria il cui “peso“ reale è ben superiore a quello numerico degli iscritti».
Ma dal punto di vista del mercato del lavoro, la fusione porterà vantaggi? «Ognuno verrà riconosciuto e apprezzato dal mercato per quello che è- risponde Gelosa- soprattutto in aree come Milano, Monza e la Brianza dove la figura del “ragiunatt“ è ben radicata nel territorio. Certo, dove il mercato è più stagnante anche la convivenza sarà più difficile».

Ma esistono ancora spazi, sottolinea Canevari: «Soprattutto nei settori nuovi, ad esempio l’intermediazione telematica obbligatoria, che ci rende trait d’union tra aziende, contribuenti e Agenzia».

Commenti