Da Rivera a Trezeguet una staffetta ridicola

I 6 minuti messicani del milanista, i 3 dello juventino a Lipsia, per spiegare tutti i capricci degli allenatori

Tony Damascelli

Dobbiamo ringraziare Raymond Domenech, selezionatore della nazionale di Francia. Dopo trentasei anni è riuscito nell’impresa di fare meglio di Ferruccio Valcareggi, commissario tecnico della nazionale d’Italia. Dai 6 minuti di Gianni Rivera, il 21 giugno del 1970, all’Estadio Azteca di Città del Messico ai 3 minuti di David Trezeguet , il 18 di giugno del 2006, al Zentralstadion di Lipsia. Non c’è mai fine alla bizzarria degli allenatori, non c’è mai fine alla loro presunzione. Nel ’70 si trattava di una finale, ormai persa, contro il Brasile, uscì Boninsegna, un attaccante, entrò Rivera un regista, come si usava dire e scrivere al tempo. Così commentò, sul Corriere dello Sport, Ezio De Cesari:«... ma che cosa aspetta Valcareggi a mandare in campo Rivera? Ormai il Brasile ha vinto la coppa Rimet e a noi, non resterebbe che giocare il tutto per tutto, a qualunque costo e con qualunque rischio. Ma la panchina italiana, evidentemente annichilita, non dà segni di reazione. Solo al 37’ vediamo Valcareggi che accenna ad entrare sul terreno di gioco e finalmente sbuca la maglia numero 14 di Rivera. Bisogna aspettare però che esca la palla e mancano esattamente sei minuti e quarantasei secondi alla fine quando esce Boninsegna. Ma ormai è troppo tardi... ».
Trentasei anni dopo i colleghi francesi continuavano a domandarsi perché mai Domenech non facesse entrare Trezeguet (in verità sapevano benissimo il perché). Al minuto novanta ecco la staffetta: è uscito Zinedine Zidane, genio, icona, simbolo come ormai è considerato dalla stampa politically correct, in verità ex genio e mai leader, né a Torino, né a Madrid, né in nazionale, ed è stato rimpiazzato da Trezeguet, una punta. Cambiando l’ordine dei ruoli non è cambiato il prodotto, nel senso delle polemiche, dei fischi. Niente pomodori per i francesi, come toccò agli azzurri quando rientrarono in Italia. Niente pomodori per il momento ma un titolo grande così, sulla prima pagina di FranceSoir «NUL» e sotto hanno piazzato la fotografia di monsieur Domenech, l’artefice dei due pareggi, con Svizzera e Corea del sud ma soprattutto il protagonista del capriccio con Trezeguet, bocciato per puntiglio (come sta diventando il caso Inzaghi per Lippi) e mandato in campo al posto di Zidane, per ridicolizzare entrambi. Rivera era in conflitto con lo staff azzurro (Mandelli-Valcareggi) che appoggiava il gruppo interista (tre rossoneri contro sei nerazzurri tra i convocati) e si confessò così al giornalista Mario Pennacchia:«Purtroppo non ho forza politica per farmi rispettare... Il problema della respirazione è uguale per tutti. Per il resto mi sento abbastanza in palla. Quindi non ti so dire perché mi hanno escluso. Per ragioni tecniche no, perché altrimenti dovrei smettere di giocare al calcio. Per ragioni disciplinari nemmeno, almeno fino a domani, quando saranno note queste mie dichiarazioni... è da tempo che la mia esclusione era stata preparata. Mandelli? Di allenatore ne basta uno. L’altro che sta qui solo per parlare non serve a niente».
Trezeguet, alla vigilia del mondiale, così aveva detto:«Il Brasile gioca con quattro attaccanti, Perché non possiamo farlo anche noi.

Credo però che Domenech abbia in testa un’altra formazione, Io so che i numeri contano nel calcio e qualcosa ho fatto. Dovremmo essere più portati all’attacco». Detto e non fatto. Panchina per Rivera, panchina per Trezeguet, tutto il mondo, anzi il mondiale, è paese.

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