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La rivincita del bamboccione: i suoi capricci scacciano la crisi

Si sentono ancora così giovani che quando staccano dal lavoro fanno prima la serata con gli amici e poi tornano a casa da mamma e papà. Adolescenti tardivi, rassegnati e precari, con in tasca il sogno bucato di un posto fisso. Sono i bamboccioni, gli eterni Peter Pan, i kidults in Inghilterra, da kid, bambino, e adulto, Generazione post x per i sociologi. Come un'incognita, come un rebus; sono arrivati a trent’anni e hanno un futuro ancora tutto da scrivere. Sanno poco o niente di quello che succederà nella loro vita, eppure saranno proprio loro a salvare tutti dalla crisi. Con i loro consumi superflui e superficiali, i trentenni instabili e infelici, salveranno l’economia mondiale. Non lo faranno con strategie imprenditoriali o teorie economiche applicate. Semplicemente seguendo la loro più grande inclinazione: soddisfare i capricci. Come eroi inconsapevoli, sono i consumatori perfetti. Un esercito di lavoratori a tempo determinato che ha smesso di credere nel risparmio e che investe nei desideri. Trasgressori moderni di priorità antiche, superate. I valori dei vecchi sono stati invertiti. Qui il tempo libero, il divertimento, sono un valore assoluto. Una questione di appartenenza. Una fede. Le ferie non sono più un eldorado. Oggi ci sono i weekend low cost da prenotare su internet, ci sono le terme, i pacchetti relax. «Non aver più vent’anni non ha prezzo, ci sono cose che non si possono comprare. Per tutto il resto ci sono le carte di credito», come dice la pubblicità. Tutto il resto non c’è e non importa. Se questa è la generazione del tutto e subito, allora meglio non lasciarsi sfuggire niente, vivere al top e al massimo. Il successo per saghe come Guerre stellari, i cartoni di Walt Disney, la Play Station, X box. In Spagna il bambolotto «Baby mocosete» va a ruba, anche se costa 200 euro. E le clienti sono in maggioranza trentenni.
Poi si vedrà, come si vedrà per il lavoro, la casa, una famiglia. I figli. Ora ci sono le emozioni da colmare, da ascoltare, da assecondare. Secondo le statistiche di mercato il consumo dei trentenni è tutto orientato verso il ritorno e la nostalgia della gioventù. È il cambio dei valori che entra in gioco. «Prima era negativo essere considerata una persona infantile, ora è diverso, dicono i sociologi. I trentenni consumano di più e lo fanno senza sensi di colpa. La sindrome da Peter Pan è la garanzia di sentirsi liberi di spendere. Secondo una ricerca inglese i giovani del terzo millennio spendono dodici volte quello che i loro coetanei sborsavano nel 1975. Per Giampaolo Fabris, professore di sociologia dei consumi al San Raffaele di Milano: «È fin dalla nascita dei figli che i genitori hanno un bassissimo grado di sopportazione di fronte ai capricci».
A trent’anni partono per l’estero, alcuni hanno tentato di andare a vivere da soli e poi tornano a casa. Troppo caro l’affitto, insostenibile la rata del mutuo. E poi la rata della palestra, quella della macchina, i weekend fuori giusto per non rimanere fossilizzati a casa. Secondo uno studio americano i trentenni sono i primi nella storia a guadagnare meno dei genitori. In Italia i celibi che hanno tra i 18 e i 34 anni che vivono con almeno un genitore hanno oltrepassato il 60 per cento già dal 2006. Primi in molte cose i trentenni di oggi. Sono i figli di una generazione di separati. Si sono ritrovati adolescenti ad affrontare problemi da adulti, adulti che li hanno trattati da grandi. Oggi si trovano con una gran paura di sbagliare, vorrebbero una famiglia ma si guardano indietro e vedono troppe macerie.

«È la prima generazione nella storia dell’umanità che non ha dovuto fare quello che facevano i genitori, e questo crea incertezza», spiega Fabris. E allora tornare nella cameretta che mamma ha tenuto a disposizione non ha prezzo. Meglio chiudere un occhio e far finta di essere felici anche così. Domani è un altro giorno, va bene, ma intanto che fretta c’è?

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