La rivincita del romanista dimenticato «Mio figlio adesso sa perché ero fuori»

«Mi chiedeva come mai non giocavo e io dovevo rispondergli che ero troppo vecchio»

La recente storia azzurra ci sta abituando ai gol «pesanti» dei difensori. Fu un colpo di testa di Cristian Zaccardo alla Slovenia nell’ottobre 2005 a condurci al mondiale tedesco; la «zuccata» di un altro Christian (con l’acca, ci tiene a precisarlo), il Panucci della Roma, ci ha regalato l’europeo austro-svizzero. Anche stavolta con un turno d’anticipo. Ma se l’avventura azzurra del difensore del Palermo sembra essersi arrestata di colpo, quella del terzino che ha vinto tanto con Milan, Real Madrid e Roma è rinata appena 70 giorni fa. Grazie a Donadoni, già suo compagno di squadra nel Milan: è stato lui a richiamarlo dopo tre anni di oblìo azzurro («non potevo non aiutare un amico in difficoltà») e Panucci gli ha regalato la qualificazione, salvandogli anche la panchina. «Sapevo che Roberto aveva grande stima di me, come amico credo di aver ripagato la sua fiducia», ha ripetuto ieri. E per accontentare Donadoni, aveva sacrificato anche la sua schiena, «indolenzita» dai letti di Milanello ai quali non era più abituato. «Ci conosciamo, ma ci siamo dati anche schiaffi: io a lui ovviamente», ha scherzato Donadoni sull’aereo di ritorno.
Ieri il risveglio di Panucci è stato ancora più bello della serata di Glasgow. Ad attenderlo nella sua casa romana c’era il figlio Juan, sei anni e mezzo e già calciatore. «Alla sua domanda del perchè non ero più in nazionale, gli rispondevo sempre che ero troppo vecchio...». Nella domenica che ha trascorso con lui, gli ha finalmente raccontato le emozioni di un gol con la maglia azzurra. Che molti hanno letto come una rivincita per tutte le occasioni perse. Colpa anche del suo carattere troppo schietto, che lo ha portato spesso a discutere con i suoi allenatori.
I pessimi rapporti con Sacchi e con Lippi (celebre il litigio ai tempi dell’Inter, più volte ricordato nell’era del ct viareggino) gli hanno negato il Mondiale americano del ’94 e soprattutto l’ultimo trionfale in Germania. Con Cesare Maldini (il ct dei suoi due titoli continentali con l’Under, poi promosso alla maggiore) e con Zoff aveva trovato spazio nelle qualificazioni. Solo il Trap lo aveva impiegato nelle grandi manifestazioni, finite in maniera disastrosa. «Ma il calcio è una ruota e io sono ancora qui», ha detto dopo il gol alla Scozia, che arriva esattamente 15 anni dopo quello di Motherwell: anche allora finì 2-1 per gli azzurri e il giovanissimo Panucci muoveva i primi passi nell’Under azzurra. «Me lo sono ricordato mentre sfogliavo i giornali e ho pensato che gli scozzesi mi portano davvero bene. Ma al passato, anche quello più negativo, non penso. Conta di più il presente e questa rete segnata sabato (la prima stagionale e la terza del difensore in nazionale maggiore dopo quelle segnate in Estonia nel ’94 e a Milano all’Uruguay nel 2002). Un gol pesante perchè ci porterà all’Europeo e sono orgoglioso di averlo segnato io. Il merito è di tutti, la qualificazione è il frutto di due anni di lavoro, io ho solo messo la ciliegina sulla torta».
La Scozia ha segnato l’inizio della sua seconda giovinezza azzurra («io la definirei piuttosto la continuazione di una carriera già importante»). E l’elisir è quella rete di testa che lo incorona goleador italiano più vecchio delle qualificazioni europee.

Quella corsa verso mamma Claudia e il fratello Patrick, seduti in tribuna, lo ha stancato più dei novanta minuti spesi a contenere le folate di McCulloch. E quell’abbraccio a Donadoni è sembrato il grazie più sincero a chi gli ha dato un’altra possibilità: a 35 anni giocherà quell’Europeo che lui stesso si è guadagnato.

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