Rivoltosi o moderati, le due facce dei giovani

La protesta che in questi giorni sta attraversando tutta Italia contro la riforma dell’istruzione, dalla scuola elementare all’università, ha un doppio volto: quello, impegnato, di chi ogni anno puntualmente scende in piazza, contro ogni ministro che proponga non una riforma, ma anche un minimo cambiamento, e che ritiene sia un dovere trascorrere giornate su giornate tra discussioni infinite, preparazioni di cortei e striscioni, e manifestazioni di piazza; e quello rassegnato di chi non condivide la protesta, o magari la condivide in parte e non è d’accordo sul metodo, e che ritiene solo una perdita di tempo il blocco dell’attività didattica. Un popolo silenzioso , quello dei rassegnati che preferirebbero non protestare. Un popolo silenzioso che di fatto subisce, una violenza, la violazione del sacrosanto diritto a non vedere interrotto un servizio.
Non è una novità. Questo doppio volto c’è sempre stato, e sempre ci sarà. Ed è quel che vi raccontiamo in questa pagina con le due storie gemelle di Leon, 21 anni, professionista del corteo e delle manifestazioni di piazza, e di Irene, 21 anni anche lei, che va in piazza a protestare ma che non vuole assolutamente l’occupazione di atenei e facoltà e meno che mai la violenza, che pure a Milano qualche giorno fa ha toccato punte di alta tensione.

Due volti di una stessa medaglia che Pier Luigi Celli, amministratore delegato della Luiss, legge in maniera lucida: si protesta, oggi come ieri, perché la riforma provoca cambiamenti, e i cambiamenti scardinano privilegi consolidati. Bene, dunque, per Celli, il tentativo del ministro Mariastella Gelmini di dare ordine al caos e di cambiare le cose.

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