Rock come teatro canzone. Bono "racconta" gli U2

L'artista al San Carlo di Napoli protagonista di uno spettacolo commovente. E molto conservatore

Rock come teatro canzone. Bono "racconta" gli U2
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Penso che un Bono così non ritorni mai più. Difficile rivedere in futuro la più famosa rockstar moderna da sola sul palco di un teatro con un tavolo, quattro seggiole e due musicisti (più un percussionista e direttore musicale, Jacknife Lee). Difficile che altre rockstar abbiano una vita da romanzo di Flaubert, più facile siano in stile Kerouac o Burroughs o persino Steinbeck riveduto e corretto. Se passano alla storia, le vite rock sono sempre esagerate. Quella di Bono no, il suo è un romanzo conservatore e commovente come ha raccontato l'altra sera nel più antico teatro d'opera del mondo, ossia il San Carlo di Napoli. Si è commosso lui. Si è commosso il pubblico.

E in questa sala meravigliosa si è visto l'intreccio più imprevedibile di celebrità, da Nicoletta Mantovani vedova di Luciano Pavarotti al ministro Sangiuliano e al sottosegretario Mazzi, da Alì, la moglie di Bono con le figlie Eve e Jordan fino al deejay e produttore Martin Garrix e a Fabrizio Ferraguzzo, manager dei Maneskin e grandioso appassionato degli U2. Stories of surrender è una parentesi, è semplicemente l'appendice parlata e cantata del libro Mondadori Surrender - 40 canzoni, una storia in attesa che da fine settembre gli U2 tornino di nuovo insieme sul palco all'Mgs Sphere di Las Vegas per celebrare il disco Achtung Baby (senza Larry Mullen infortunato).

«La performance di una vita» ha scritto Usa Today quando Bono si è esibito negli Stati Uniti. Un evento indimenticabile c'è da scrivere dopo le due ore abbondanti di sabato sera. Sul palco Bono (in pantaloni e giacca nera con gilet senza camicia) si è raccontato raccontando gli U2, Pavarotti, il padre, il Santo Padre Giovanni Paolo II e i Ramones. «Ho incontrato la band e mia moglie nella stessa settimana» ricorda lui e da allora «non ho mai tradito nessuno». La moglie è qui, al San Carlo con le figlie, e la band è idealmente seduta sulle seggiole che Bono, trascina, alza e abbassa sul palco.

Al fianco, c'è il privè, ossia le due poltroncine con tavolino che rappresentano il Sorrento Lounge dove Brendan Robert Hewson incontrava solitamente il figlio Bono. «C'è niente di strano o sorprendente?» esordiva sempre il padre davanti a un bicchiere di whisky Black Bush. Il papà è un tenore appassionato e sconosciuto che risponde cinicamente quando Bono gli racconta di essere stato contattato da Luciano Pavarotti. Da irlandese è chiaramente contro la monarchia inglese ma, quando incontra Lady Diana al concerto di Modena Pavarotti & Friends del 1995 «cancella ottanta anni di oppressione in otto secondi». Sul palco Bono canta e mescola versioni. Dall'iniziale City of blinding lights in avanti, Bono canta nettamente al di sopra delle previsioni. È, a dir poco, stellare. I will follow spiega perché gli U2 sono andati avanti. Sunday bloody sunday (nella nuova versione acustica) è una celebrazione del genio chitarristico di The Edge. E il pubblico, a parte alcune inspiegabili eccezioni, non ha i cellulari, «requisiti» all'ingresso. La storia degli U2 viene raccontata per capitoli. Dalla sala prove di fianco al camposanto dov'è seppellita la mamma di Bono fino al Live Aid, dalle passeggiate con la futura moglie fino all'intervento al cuore che nel 2016 lo ha strappato all'invalidità.

Bono sul palco è il cantante degli U2 soltanto a tratti. In certi momenti prende il microfono come se fosse a Wembley. In altri parla come se fosse al Sorrento Lounge del Finnegans's di Dublino: pacato, malinconico, visionario. «C'è niente di strano o sorprendente?». Il padre una volta gli confessa che sì, c'è qualcosa di strano e sorprendente. Ha un cancro e morirà poco dopo. Bono rimane senza genitori. Quando ha perso la mamma a 14 anni, si è avvicinato ai Ramones. Quando ha perso il padre, la sua voce si è trasformata da baritono a tenore. E, quando ha cantato Torna a Surriento per due volte a favore di telecamera, Bono ha confermato di avere una profondità tenorile che a questo punto è un’eredita dello spigoloso papà Brendan

Insomma, al di là di certe battute paracule tipo “Giovanni Paolo è stato il nostro Osimhem”, il teatro canzone di Bono è un unicum nella storia del rock ed è la dimostrazione che chi ha una storia alle spalle può valutare una storia del futuro.

Nelle due ore al Teatro San Carlo, Paul Hewson detto Bono ha spiegato perché una band di quattro elementi è insieme da «quel pomeriggio dopo la scuola» e gli U2 sono stati per decenni la più grande rock band del pianeta. E, mentre Bono si commuoveva ricordando la morte della mamma o del padre, si è capito quale sia la differenza tra la musica suonata e quella liquida. Chi suona, soffre. Chi vive di stream, spesso fa altro.

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