Roma ai piedi di mister teorema «La mia vita da Beautiful mind»

Al festival tutti in coda per ascoltare il premio Nobel John Nash, genio convinto che la scienza vada affrontata con ironia

da Roma

Un professore di matematica, indipendentemente da quanto ami la materia e da quanto vigore metta nel desiderio di comunicarla, deve sempre affrontare una difficoltà soverchiante: evitare che gli studenti si addormentino. Negli Stati Uniti sono convinti che il metodo migliore per addomesticare questa scienza sia affrontarla con spirito giocoso. Pare facile. Il profeta del disincanto numerico è l’ottantenne segaligno John Nash: nel 1949 ha scoperto regole infallibili da applicare al «gioco», che sia un pokerino o una campagna elettorale. I suoi studi sulla Teoria dei giochi (scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative tramite modelli in ogni campo, compreso quello militare) gli hanno permesso di vincere il Nobel per l’Economia nel 1994. Nel 2001 è diventato celebre con la trasposizione cinematografica della sua biografia, A Beautiful Mind (2001), Oscar al regista Ron Howard e a Russel Crowe. Un film con pochi numeri e molto male di vivere tra fallibili relazioni e cure psichiatriche. John Nash, ieri pomeriggio ha tenuto in mano il pubblico della sala Sinopoli dell’Auditorium romano come solo lo stesso scomparso direttore d’orchestra sapeva fare. Questione di carisma. Siamo al Festival della Matematica di Piergiorgio Odifreddi non a Sanremo, qui però si esibiscono due Nobel. L’altro è l’israeliano Robert Aumann. Tutta un’altra storia. La differenza tra l’ombroso genio statunitense e il solare studioso di Economia si percepisce netta subito. E fa impazzire l’interprete simultanea che dopo dieci minuti va in tilt sulla regola dei giochi a somma zero.
Nash si concede poco, scruta il pubblico con sufficienza: «La teoria dei giochi? Sono reticente, la situazione internazionale muta costantemente, cosa volete che vi dica, meglio non definirla precisamente che tanto sbaglierei». In passato Nash se ne uscì con dichiarazioni del tipo «Sono l’imperatore dell’Antartide», stavolta niente frivolezze, solo sostanza, difficile da cogliere però. Invece Aumann con la sua lunga barba bianca sente la platea vicina e la spara grossa coi tempi che corrono: «La poligamia non va bene, crea troppi problemi all’uomo, difficile gestirli, manca l’equilibrio». Nash pare infastidito da simili perle di saggezza e torna al suo mondo affascinante: «Il mio concetto di equilibrio sui giochi non cooperativi si basa su tentativi di predizione circa il comportamento della gente».
Inutile cianciare, la materia rimane ostica, soprattutto se ad affrontarla è un genio che non parla l’italiano. Ogni tanto Aumann prende la parola e fa tornare il pubblico sulla terra. «Tutte queste persone per sentire la scienza più triste del mondo? Solo in Italia può succedere...». Al termine della quattro giorni di conferenze il cassiere conta 55mila biglietti. Se non è record poco ci manca. Fuori dalla sala il servizio d’ordine fatica ad arginare l’entusiasmo popolare. Biglietti esauriti in mezz’ora, furoreggia anche la tavola rotonda sulla matematica applicata all’iPod, pane per i denti della nuove generazioni che l’alta fedeltà neanche sanno cos’è.

Davanti ai maxischermi c’è ressa come con le partite di calcio. Però cambia la tipologia: occhiali più che bandane, sguardo attento al verbo più che al servizio di messaggeria del cellulare. Un altro mondo: proprio come la matematica.

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