Roma regno di piscine Alemanno-Moratti: 54-0

Il capoluogo lombardo surclassato nel numero di impianti olimpici costruiti in tre anni. E nei due esistenti l’attività agonistica resta problematica

Roma regno di piscine 
Alemanno-Moratti: 54-0

Milano - Da qualunque parte la si guardi, è davvero difficile considerare l’Italia un Paese normale. A Milano, nonostante nel 2009 sia stata addirittura nominata capitale europea dello sport, non c’è nemmeno una piscina olimpica. A Roma, invece, solo negli ultimi tre anni hanno costruito 54 nuove vasche. In compenso la magistratura ne ha sequestrate ben undici prima degli ultimi campionati mondiali di nuoto, consegnando avvisi di garanzia a raffica al gotha degli sport d’acqua e dell’imprenditoria che sull’affare legato alla manifestazione iridata organizzata l’estate scorsa al Foro Italico si era tuffata, è proprio il caso di dirlo, a pesce. Rimanendo, come troppo spesso succede, con le mani impiastricciate nelle solite faccende legate a presunti abusi edilizi. Trenta le persone che furono indagate nell’inchiesta, tra le quali il commissario delegato per i mondiali di nuoto Claudio Rinaldi e Giovanni Malagò, presidente del comitato organizzatore dei mondiali e presidente del Circolo canottieri Aniene. Per non parlare dell’inchiesta della Corte dei conti su appalti i cui costi sono lievitati da 27 a 100 milioni di euro.

Questioni che si trascineranno per anni, forse lustri, tra faldoni e aule di tribunale in attesa che i giudici decidano se illecito ci sia stato. Il risultato, intanto, è che Roma batte (anzi straccia) Milano 54 a zero. Certo, diranno i milanesi per giustificare tanta accidia, ancora una volta ci son stati figli e figliastri. Nemmeno a dire che quelle piscine sono state costruite con abbondanti finanziamenti pubblici e facilitazioni concesse ai privati. Per non parlare di irregolarità e violazioni di norme. Sarà anche vero. Ma è altrettanto vero è che sotto la Madonnina gli atleti oggi non hanno a disposizione nemmeno una piscina olimpica dove potersi allenare. Come un palazzetto dello sport manca da quando l’ultimo fu sfondato da una nevicata. E il velodromo Vigorelli langue tra promesse non mantenute e progetti rosicati dai tarli.

Un paio di vasche lunghe a Milano, per la verità, ci sono. In via Mecenate c’è la piscina Samuele, centro gestito dalla federazione ma che fu chiuso dopo una scena apocalittica. Nel bel mezzo di una gara dei campionati giovanili, la copertura si squarciò con la pioggia arrivata direttamente in piscina, le mamme terrorizzate e i ragazzini in fuga dalla vasca. «La piscina resterà chiusa per precauzione fino a quando non saranno rispettate le norme», sentenziarono dopo un’ispezione i vigili del fuoco con le mani nei capelli dopo aver visto i fili elettrici che, se bagnati, avrebbero potuto provocare un disastro. Ora il Comune ha stanziato i fondi (300mila euro) e si spera di rattoppare la situazione. L’altra piscina olimpica a Milano è quella dell’Harbour club, un circolo privato che la prende in concessione dal Comune. «Non è possibile che a Milano manchi una vasca da 50 metri - ha tuonato il presidente del comitato lombardo della Federazione italiana nuoto Danilo Vucenovich - e le istituzioni non facciano nulla. La nostra pazienza ha un limite». Un limite superato magari anche a veder Busto Arsizio, con la sua bella piscina omologata, dove la nazionale australiana ha preparato l’ultimo mondiale e si è trovata talmente bene che ci preparerà anche l’olimpiade di Londra 2012. Senza invidiare, però, Roma. Dove come funghi sono spuntate, oltre alle nuove vasche, foresterie, parcheggi, spogliatoi, palestre e altre strutture abusive perché edificate, secondo i gip, in violazione delle norme paesaggistiche, urbanistiche.
Pronta la replica dell’assessore del Comune. «Milano - assicura Alan Rizzi - vuol fare le cose in regola. Lentamente, ma secondo la legge». E intanto? «Presto costruiremo una vasca da 50 metri, abbiamo già individuato l’area adatta.

I ritardi? Qui a Milano il Coni negli ultimi trent’anni non ha investito nemmeno una lira. E molti impianti sono quelli del Fascismo». È proprio uno strano Paese l’Italia, dove chi fa non rispetta la legge e dove chi rispetta la legge non fa.

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