Cronaca locale

I giudici danno ragione al centro sociale: sgombero "illegittimo"

Il tribunale di Roma accoglie il ricorso del centro sociale "Auro e Marco" dichiarando la pretesa di sgombero del Comune di Roma "illegittima"

I giudici danno ragione al centro sociale: sgombero "illegittimo"

Il giudice dà ragione al centro sociale "Auro e Marco", mazzolando il Comune di Roma. Non solo l’amministrazione capitolina non ha ancora visto un centesimo dei 6 milioni di euro di canoni inevasi, ma dovrà pure pagare le spese legali alla controparte.

Questo, in estrema sintesi, l’ultimo capitolo di una vicenda surreale, iniziata nel lontano 1992. Anno in cui i movimenti per il diritto all’abitare occupano un locale abbandonato in viale Caduti della Liberazione, a Spinaceto. Uno dei tanti spazi dismessi alla periferia sud della Capitale. L’occupazione viene regolarizzata in via provvisoria qualche anno più tardi dalla prima giunta Rutelli. Passano anni e amministrazioni. Nel 2013 si insedia l’ex sindaco dem Ignazio Marino che prova a rimettere ordine al patrimonio immobiliare capitolino.

È del 2015 la famosa delibera 140 sulla riacquisizione in autotutela dei beni di Roma Capitale. Un modo rapido per rientrare in possesso del tesoretto immobiliare senza impantanarsi in processi infiniti. Lo strumento dell’autotutela, infatti, permette alla pubblica amministrazione di azzerare la propria atti­vità sulla base di un accertamento autonomo. Sono circa cinquecento le sigle legate alla scena antagonista interessate dal giro di vite. Nell’elenco delle realtà sotto sfratto c’è anche il centro sociale "Auro e Marco" a cui il Campidoglio notifica il provvedimento di riacquisizione in autotutela. Lo sgombero sembra imminente. Nel 2016 blindati e forze dell’ordine vengono respinti da un centinaio di militanti. L’operazione è un flop. È la prima grande vittoria.

La seconda, invece, e dei giorni d’oggi. Il ricorso presentato dall’associazione De la Serna, che gestisce lo spazio di viale Caduti della Liberazione, va in porto. Il tribunale di Roma si pronuncia accogliendo la tesi dei ricorrenti e dichiarando la riacquisizione dell’immobile da parte di Roma Capitale “illegittima per carenza assoluta di potere”. È l’avvocato Giuseppe Libutti, che ha fatto valere in giudizio le ragioni del centro sociale, a spiegarci la ratio della pronuncia. “L’autotutela amministrativa - chiarisce - è esercitabile esclusivamente per i beni che appartengono al demanio o al patrimonio indisponibile dell’ente, non essendo prevista per quelli appartenenti al patrimonio disponibile”. “Il patrimonio indisponibile - continua - ha necessità di due requisiti, il primo è che sia censito dalla pubblica amministrazione come tale in catasto e il secondo è che sia funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico”. In questo caso, invece, l’immobile non risulta nel catasto fabbricati e le condizioni di abbandono in cui versava ne inficiavano la predetta funzionalità. Possibile che nessuno a suo tempo e negli anni successivi se ne sia mai accorto?

Eppure un precedente analogo c’era già stato. Nel 2017 le toghe avevano dato ragione a un’altra sigla antagonista, la "Dinamo" di Centocelle, che aveva impugnato il provvedimento capitolino per le stesse ragioni. All’epoca, infatti, i giudici avevano già chiarito che “qualora il bene appartenga al patrimonio disponibile, l’amministrazione è tenuta ad avvalersi dei mezzi ordinari di tutela previsti dal codice civile con l’obbligo di motivare, in modo specifico e articolato, le ragioni della scelta della sua pretesa”. Insomma, sembra proprio si tratti della solita sciatteria amministrativa. Inutile tentare la carta del ricorso perchè, sul punto, la giurisprudenza è pacifica. Al Comune non resta che imboccare il sentiero ben più lungo e tortuoso di un giudizio ordinario, con la certezza che prima di venirne a capo ci vorranno anni.

E chissà se questa storia non sia destinata a ripetersi ancora, considerando le centinaia di realtà a cui è stato notificato il provvedimento di riacquisizione in autotutela.

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