Cronaca locale

Odissea tra gli ospedali, poi mandato a casa in taxi

Non riusciva più a respirare ed è corso in ospedale. Ore e ore di attesa ma non è stato mai visitato e la cartella clinica è andata persa. La storia di Paolo è quella di tanti romani vittime della malasanità

Odissea tra gli ospedali, poi mandato a casa in taxi

Una lunga odissea tra ospedali alla ricerca di cure. Questa è la storia di Paolo andato al pronto soccorso per problemi respiratori ma che prima di sapere cosa avesse e ricevere delle cure è dovuto andare in diversi nosocomi a causa delle lunghissime ore di attesa e nessuno che si interessasse a lui.

Tutto inizia lunedì a causa di una tosse molto forte, delle fitte al petto e una grande difficoltà respiratoria. In serata la situazione peggiora e si reca al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Eugenio. Passano diverse ore e non riceve nessuna visita. Gli consigliano dall'accettazione, alle quattro di mattina, di tornare il mattino seguente o di recarsi direttamente in un altro ospedale. "Respiravo a fatica – racconta Paolo a Fanpageho chiesto di poter essere portato da un'ambulanza e mi hanno risposto noi non siamo mica un taxi". A quel punto Paolo sale di nuovo sulla sua macchina e raggiunge il pronto soccorso del Policlinico Umberto I. Altre ore passano ma finalmente viene visitato e gli viene fatta una flebo di antibiotici. "Dopo l'ennesima attesa vengo finalmente visitato e mi fanno una flebo di antibiotici. Mentre stavo terminando il secondo flacone di medicinale, mi infilano in un'ambulanza per spostarmi in un'altra zona del pronto soccorso. Dopo poco sento un dolore lancinante al braccio. Il trasbordo da un reparto a un altro ha causato uno spostamento dell'ago nella vena causando un'infiammazione sulla parete venosa". La sua storia e le disavventure di Paolo però non si concludono. Un medico gli ha spiegato che a causa dei continui spostamenti la sua cartella clinica deve essere rimasta sull'ambulanza. "Stanotte ho dormito su una sedia. La colazione non bastava per tutti, c'era una fetta biscottata a testa", scrive ancora sul suo profilo Facebook.

Paolo è stato dimesso dopo una notte e continua la sua cura antibiotica a casa. Allo stesso tempo, però, come spiega sui suoi social, resta profondamente amareggiato per le numerose ed evitabili esperienze che ha dovuto vivere. "Uno schifo che non auguro a nessuno di vivere sulla propria pelle", scrive in uno degli ultimi post che ha pubblicato.

La storia di Paolo è solo una ma che rispecchia le esperienze di tanti romani costretti a ore e ore di attesa nelle sale dei pronto soccorso prima di essere visitati e ricevere una cura.

Commenti