Yokohama - Ronaldo è triste, depresso e non giocherà col Milan il suo primo mondiale per club, qui in Giappone, la terra dei suoi trionfi epici. Col Real Madrid centrò il bersaglio nell’Intercontinentale, alla guida del Brasile mise la firma nella finale di Yokohama, estate del 2002, arbitro Collina, contro la Germania, per portare in dote al suo Paese il quinto titolo mondiale. Sembra passato un secolo, e invece sono solo cinque anni, scanditi da altri incidenti, stop, ripartenze laboriose e il ritorno da Madrid a Milano, sull’altra sponda calcistica. Ronaldo non si muove dalla sua stanza d’albergo, nel grattacielo del Royal Park, presidiato ogni giorno da un esercito di giovanissimi sostenitori del Milan, tutti rigorosamente vestiti di rossonero, a caccia di foto e autografi, senza preclusioni per i meno noti, anche Christian Brocchi si sottopone alla raffica di firme e di pose con pazienza ed educazione. «Lavora in piscina e palestra» riferiscono dall’ufficio stampa ma basta scartare il cioccolatino per conoscere l’amara condizione del calciatore più forte in circolazione. «Ronaldo è molto triste, a noi è dispiaciuto, sembrava ormai tornato alla normalità e invece...» ammette Paolo Maldini, il capitano intervenuto in queste ore per smentire la storiella del proprio ritiro a Natale («ho impiegato 5 mesi per recuperare, sto bene adesso, e non butto via tanto lavoro»). Altre fonti aggiungono particolari inquietanti sull’umore del brasiliano e sulle sue reazioni. Si sta lasciando andare, colto da una pericolosa depressione.
Il bollettino medico più atteso della settimana milanista diventa perciò l’annuncio di un vero caso clinico per il Milan alle prese con «l’obiettivo numero uno dell’anno», parole di Adriano Galliani. Ronaldo è triste, depresso, non si muove dall’albergo, vedere i suoi compagni correre e sudare gli procura altri tormenti, e a questo punto il suo recupero per la finale di domenica 16 è di fatto impossibile. Ancelotti ha già fatto le sue scelte: Gilardino in semifinale contro i giapponesi degli Urawa secondo previsioni e poi Inzaghi nella finalissima di domenica, meritata con i due bengala di Atene. «Gli esami clinici hanno escluso una lesione muscolare, palpando la parte non si avverte niente, eppure Ronaldo sente ancora dolore e fastidio» riferisce J.P. Meersseman, il coordinatore dello staff medico, spiazzato dall’ennesimo mistero. «Prima di vederlo ancora in campo correre può passare un giorno, una settimana o un mese» aggiunge disorientato Meersseman: la sua sembra una specie di resa dinanzi agli sviluppi inattesi dell’ennesimo acciacco patito nella notte di Lisbona, durante il riscaldamento al polpaccio sinistro. Escluso l’effetto panico, la paura cioè di rompersi che paralizza in molti casi, sventolata, per errore, nei giorni di agosto. «Non credo sia cattiva volontà» ripete questa volta sicuro del contrario Meersseman. Altro che Lourdes, come invocò il presidente Silvio Berlusconi, atteso qui a Yokohama per giovedì pomeriggio ma probabilmente trattenuto a Roma dagli sviluppi dell’eterna crisi politica. Anche lui puntò quasi tutto su Ronaldo per la spedizione in Giappone. «Gli ho detto di prendersela comoda» la frase che rappresentò una specie di via libera per i ritmi lenti scelti da Ronaldo prima del ritorno a Cagliari.
«Ronie avrebbe bisogno di un supporto psicologico» riferisce un altro suo amico che lo sente spesso al telefono in queste ore. Ronaldo vive attaccato al cellulare: la giovane fidanzata e il figlio sono le sue rare consolazioni. Peccato che nell’ampia spedizione milanista («siamo in settanta, non abbiamo trascurato un solo particolare» racconta Galliani) non ci sia una figura nota, lo psicologo De Michelis, intervenuto altre volte, in gran segreto, per motivare il battaglione e curare calciatori alle prese con gravi infortuni e lunghe assenze dal campo. Se non supera questa crisi, che è forse più intima che muscolare, Ronaldo ha spalancato davanti un destino amaro. A 31 anni invece di firmare un altro contratto con il Milan («devo meritarlo, non voglio regali» la sua posizione), va incontro a un mesto e traumatico declino. I suoi problemi sono più di uno: fragilità muscolare, segnata da tanti colpi bassi e da un paio di interventi chirurgici, peso eccessivo complicato da una disfunzione tiroidea, poca voglia di allenarsi e sacrificarsi. «Se potessi dargli un consiglio, gli direi di andare a letto presto la sera» la battuta recitata da Kakà la sera del Pallone d’oro. Ronaldo ne sorrise di gusto, come all’arrivo a Tokio per uno scherzo fatto a Gattuso. Ma dal giorno dello sbarco in Giappone, capita l’antifona - niente mondiale per club - è un altro Ronaldo, triste e solitario, musone, asserragliato nella sua stanza d’albergo. In Giappone tutti gli occhi sono per Kakà, lui sembra diventato il signor nessuno.
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