Un ronzio lungo sessant’anni che ora viaggerà su tre ruote

Ha subito 20mila modifiche. Pronta per la trasformazione in un veicolo «triciclo»

Enrico Artifoni

da Pontedera (Pisa)

Basta la parola. Un mito delle due ruote, come la Cinquecento per le auto. La Vespa è un simbolo della creatività italiana conosciuto in tutto il mondo, ma anche un prodotto che rinnova puntualmente il proprio successo. Compie i suoi primi sessant'anni. E la Piaggio li festeggia alla grande: con tre edizioni speciali, un rivoluzionario modello a tre ruote che sarà presentato il prossimo 11 maggio a Roma, in Campidoglio e l'annuncio della realizzazione di un museo dedicato ai prodotti del marchio firmato da Massimiliano Fuksas, il papà del nuovo polo fieristico di Milano.
Le celebrazioni sono cominciate ieri con una conferenza stampa trasformata da Bruno Vespa (quando si dice il nome...) in un vero e proprio talk show, un ruota a ruota fra gli artefici del rilancio in soli due anni della Piaggio, il presidente Roberto Colaninno e l'amministratore delegato Rocco Sabelli, ma anche illustri ospiti fra cui Paola D'Ascanio, nipote di Corradino, l'ingegnere che in pochi giorni creò lo scooter più famoso del mondo. Erano i primi di aprile del 1946. Con la Repubblica Italiana nacque anche il prototipo di un veicolo pensato per la mobilità urbana a basso costo. D'Ascanio, che non amava le motociclette, ideò una carrozzeria capace di proteggere il guidatore, di impedirgli di sporcarsi o scomporsi nell'abbigliamento. Una posizione di guida che consentiva di stare comodamente seduti e di non staccare mai le mani durante la guida da un manubrio simile a quello delle bici. Davanti al veicolo, Enrico Piaggio esclamò: «Sembra una Vespa». E Vespa fu. Aveva un motore di 98 cc e costava 55mila lire. Gl esperti la liquidarono come «un trabiccolo», ma in pochi mesi fu baciata da un grande successo e diventò presto un vero e proprio fenomeno di costume, il simbolo della simpatia, della libertà di movimento, dello sfruttamento intelligente degli spazi e il mezzo più semplice e immediato per facilitare i rapporti sociali.
Nel tempo, con le varie versioni, anche le più fantasiose, si calcola che sia stata sottoposta a ben 20mila modifiche, restando però sempre fedele a se stessa. Il 1963 è stato l'anno del Vespino, il '77 quello della PX, la Vespa più Vespa che c'è, ancor oggi sul mercato dopo due milioni di unità vendute. Nel 1996 debuttò la ET4, la prima quattro tempi che ha permesso alla Piaggio di tornare sul mercato Usa, mentre il terzo millennio ha portato i modelli più potenti e tecnologicamente avanzati, le Granturismo, la LX e la GTS. La storia continua oggi, dopo oltre 16 milioni di unità vendute, con le edizioni speciali del sessantesimo anniversario: la GTV e la LXV, sapienti reinterpretazioni stilistiche con interventi limitati alle parti accessorie del corpo metallico, ma soprattutto la GT 60° a tiratura limitata a 999 esemplari, con la sella divisa in due parti rivestite in pelle, il faro sul parafango come lo volle D'Ascanio, il manubrio denudato e lo speciale colore grigio pastello che replica esattamente quello del primo esemplare.
Poco si sa dell'originale triciclo a motore che sarà svelato fra un paio di settimane. Dovrebbe avere due posti e, al contrario dell'Ape, due ruote davanti e una dietro, oltre a un sistema che consente di sollevarne una per parcheggiare facilmente lungo i marciapiedi. Che sia destinato al successo o meno (Colaninno si è detto «molto fiducioso»), è certa la sua destinazione finale: l'avveniristico museo a bolle di vetro sospese dentro un vecchio magazzino di stoccaggio dei ciclomotori. Tempo un anno e saremo di nuovo a Pontedera per inaugurarlo.

Intanto si profila all'orizzonte uno scooter totalmente nuovo a cui i progettisti della Piaggio stanno lavorando alacremente. «Sarà il più tradizionale e, al tempo stesso, il più innovativo di sempre», butta lì Sabelli. Cos'altro, se non una Vespa?

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