Luca Telese
da Roma
Nella tarda serata di ieri, le parole di Daniele Capezzone, giovane leader dei radicali, non promettevano nulla di buono per lUnione: «Forse i nostri alleati non si sono ancora resi bene conto della situazione, e della sua gravità. Allora lo dico senza giri di parole: questa è una situazione alla bielorussa, una prevaricazione inaudita. Non ci piegheremo mai, andremo fino in fondo, per noi è un problema di principio, di legalità e di democrazia». Il problema che turba i già rarefatti equilibri del centrosinistra è lo stesso che spinse Marco Pannella a gridare dal loggione nellAula di Palazzo Madama il giorno dellelezione del presidente del Senato, e che ieri ha portato nellufficio di Fausto Bertinotti una delegazione di quattro deputati socialisti e radicali - da Ugo Intini a Roberto Villetti a Lanfranco Turci, Marco Pannella - che continuano a reclamare contro uno «scippo elettorale» subìto al momento della proclamazione delgi eletti. Infatti tutto è iniziato la sera del voto quando il ministero dellInterno, a detta dei rappresentanti della Rosa, ha depennato dalla lista degli eletti ben quattro senatori radicalsocialisti (uno per regione) e altrettanti appartenenti ai partiti alleati «minori» della coalizione (due del cartello Pdci-Verdi, un dipietristra e uno di Rifondazione). Il motivo? Lo sbarramento previsto dalla nuova legge elettorale, che il ministero dellInterno ha applicato in tutte le regioni, e che invece, secondo la Rosa nel pugno, non deve scattare quando la coalizione supera il 55%. Fra laltro, aggiunge Marco Pannella, linterpretazione della legge non può contemplare dubbi, se è vero che il primo a notare il «baco» normativo del testo approvato rima del voto fu lex presidente del Senato Nicola Mancino. Fu proprio lui a presentare un emendamento per evitare il «doppio regime» (quando la colazione supera il 55% e quando non lo supera) e se lo vide bocciare dallAula. Insomma, linptepretazione «di dottrina», spiegano Capezzone e compagni, è, per via di questo precedente, inappuntabile e a loro favorevole.
Ma cosa nasconde in realtà, la battaglia della Rosa? Un problema politico. Dal punto di vista della maggioranza parlamentare e dei rapporti di forza tra le coalizioni, infatti, non cambierebbe assolutamente nulla. Ma dentro le coalizioni, invece, i quattro seggi finirebbero inevitabilmente per «riequilibrare» i rapporti di forza interni, visto che verrebbero sottratti ai due partiti maggiori e già penalizzati dal voto - Ds e Margherita - che hanno beneficiato dellapplicazione della soglia. Ed è proprio questo possibile passaggio di eletti dallala centrista della coalizione a quella più radicale (in una Camera in cui la maggioranza è appesa a due voti di margine) che spinge i due partiti maggiori della coalizione a difendere il risultato acquisito a qualsiasi costo. Inutile dire che la Rosa, per stare alle parole di Villetti, «ha deciso di investire di questo problema il leader stesso della coalizione, Romano Prodi» (una promessa che mette in dubbio tutto, persino il voto di fiducia).
Insomma, un bel pasticcio: a Montecitorio, per ora, anche i funzionari sono scettici sulle possibilità dei radicali di ottenere ragione, e ricordano come alla Camera, il deputato di An Berselli (che aveva ottenuto ragione nella riconta dei voti) ottenne il suo seggio solo due anni e mezzo dopo lavvio della legislatura. Ma ieri, seduto in una poltrona del Transatlantico, anche un altro deputato della Rosa come Lanfranco Turci spiegava che radicali e socialisti non faranno sconti a nessuno: «Forse - sorrideva lex diessino - questi non sanno ancora chi è Marco Pannella e cosa è capace di fare per le cause che gli stanno a cuore». E ancora, questa volta con le parole di Capezzone: «Marco ha fatto lo sciopero della fame e della sete per questioni di principio come il plenum della Corte costituzionale, in cui non aveva nessun interesse, figuriamoci adesso, che ad esser vittima di uno scippo, insieme ad altri, siamo anche noi».
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