nostro inviato a New York
Philip Roth e la pupa se ne vanno mano nella mano. Lui ha 74 anni, lei 34, biondina con un fiocco azzurro tra i capelli. Lanimale morente della letteratura americana sembra vivo e vegeto. Forse, come dice, guiderà per tornare fino nel New Jersey, a Newark, dove è nato nel 1933. Oppure è solo una scusa per togliersi di torno, e farà tre isolati per rintanarsi nel suo appartamento in Upper West Side di Manhattan che pare sia lunico posto dove qualcuno lo vede ancora in giro: da Barneys a farsi un boccone o al baracchino dei libri tra la 82th e Madison che vende a metà prezzo copie autografate dei suoi libri.
Lo scrittore più controverso della letteratura americana, premio Pulitzer burbero e proverbialmente schivo, che odia i giornalisti e i critici e non ama neppure i suoi lettori, ha appena ricevuto il premio Grinzane alla carriera. Sono riusciti a stanarlo grazie allintervento della Fiac, la fondazione per la cultura e larte italiana presieduta da Alain Elkann. Ha perfino partecipato alla cena offerta in suo onore allItalian Academy presso la Columbia University. È salito sul palco commentando molto serio: eccoci qui per questo Bar Mitzvah. Pare che pochi in sala abbiano colto lironia. Ha letto un brano della sua intervista a Primo Levi del 1989 pubblicata sulla New York Review of Books e poi da Einaudi (come tutte le opere di Roth) con il titolo Chiacchiere di bottega.
Ha perfino sorriso mentre sullo schermo scorrevano le immagini di un documentario Bbc dove si vede Levi che cammina sotto i portici a Torino, parla di chimica e letteratura e si intervistano le donne di casa, con sullo sfondo un divano liso e la credenza che fanno molto piccola borghesia piemontese. Ha sorriso anche quando Guliano Soria, patron del Grinzane, leggendo la motivazione del riconoscimento parla di «sesso come una metafora della condizione contemporanea». Roth alza il sopracciglio e sgrana locchio. Poi commenta, sempre molto serio: «Qualsiasi uomo che trasforma il sesso in una metafora dovrebbe essere ucciso».
È un rischio che lui non corre di certo. Philip Roth che se ne va mano nella mano con la sua bionda Lolita è la dimostrazione ambulante che il sesso non sarà una rivincita sulla morte, ma può allontanare la terribile fine di ciascuno, di Everyman (come da titolo del suo ultimo, funereo libro). Luomo anziano e la donna giovane, un copione già visto mille volte nei suoi romanzi. Da Lanimale morente a La macchia umana, fino allultimo romanzo che ha ancora una volta diviso la critica americana tra chi lo considera uno dei maggiori scrittori viventi e chi un guastatore anomalo, nichilista e sessuomane.
Lo scrittore ebreo, accusato da una parte della potentissima comunità ebraica americana di essere un «giudeo antisemita», si è sempre dichiarato antireligioso e ha scandalizzato soprattutto la critica femminile per le descrizioni crude e assolutamente incorrette di amplessi e liquidi vari. Sul frigorifero del suo studio di Manhattan cè una grosso adesivo che grida «Give us back Monica Lewinsky», da lui commissionato a un pubblicitario quando Bush attaccò lIrak e distribuito in giro per protesta. Dalle psicotiche confessioni sessuali adolescenziali del Lamento di Portnoy a oggi, Roth ha sempre usato la sua ironia per denudare gli isterismi e le falsità della recente storia politica e sociale dellAmerica: il radicalismo, il maccartismo, la correttezza politica. Ha affondato il coltello nei tabù e nelle repressioni dei suoi connazionali e ha usato il sesso come grimaldello per unaltra critica feroce contro il puritanesimo e le ipocrisie che tengono insieme la società del grande Paese.
Roth e il suo alter ego letterario Nathan Zuckerman rimangono due sprezzanti e spensierati consumisti del sesso. Per tanti anni leros è stato uno sgambetto contro la morte, ma fino a quando funzionerà il gioco? Del prossimo libro si sa solo il titolo: Exit Ghost. Dove, pare, il fantasma di Zuckerman darà laddio al suo pubblico. Se qualcuno si aspetta una conversione in punto di morte o una ritrattazione in extremis, sicuramente rimarrà deluso.
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