Ruby, un’altra crepa nel teorema Boccassini: un dossier può far saltare il giudizio immediato

Il pm difende in aula l’inchiesta: "Su Berlusconi indagini regolari". Ma un dossier della polizia può fare saltare il giudizio immediato. Per la procura l'inchiesta sul premier ebbe inizio a fine 2011, per la difesa già a luglio

Ruby, un’altra crepa nel teorema Boccassini: 
un dossier può far saltare il giudizio immediato

Milano È la cronaca di una silenziosa marcia d’avvicinamento a Silvio Berlusconi, quella di cui Ilda Boccassini ricostruisce le tappe ieri mattina nell’aula del processo al presidente del Consiglio per concussione e utilizzo della prostituzione minorile, meglio noto come «Rubygate». Una marcia - rivendica il procuratore aggiunto - compiuta rispettando scrupolosamente le regole del codice di procedura penale e i diritti del deputato Berlusconi. Ma la ricostruzione della dottoressa non convince i legali del premier: secondo i quali la Procura milanese in realtà ha iniziato a indagare su Berlusconi molto prima del 21 dicembre 2010, quando il nome del Cavaliere viene ufficialmente iscritto nel registro degli indagati. Ed un rapporto di polizia sembra rafforzare questi dubbi.

Il tema non è di poco conto. Se si accertasse che la Procura ha indagato su Berlusconi ben prima del 21 dicembre, non sarebbero soltanto state violate le norme del codice, ma sarebbe illegittimo l’intero processo in corso a carico del presidente del Consiglio, perché il giudizio immediato sarebbe stato chiesto dalla Procura fuori tempo massimo. Per questo il tema dell’inizio effettivo delle indagini era stato sollevato da Niccolò Ghedini e Piero Longo con particolare insistenza, nel corso delle due intere udienze dedicate alle eccezioni preliminari.

Ieri, per replicare ai due legali, Ilda Boccassini se la cava in meno di due ore. Temi complessi come la competenza territoriale vengono liquidati in poche battute. L’unico punto su cui il pubblico ministero si dilunga è quello cruciale: come e quando la Procura ha iniziato a scavare non su una banale storia di prostituzione ma sul presidente del Consiglio in carica?
«Il procedimento penale è stato iscritto a modello 44 (cioè a carico di ignoti, ndr) il 15 aprile 2010», esordisce il pm; «il 24 giugno 2010 un altro pm, il collega Forno, ha iscritto a modello 45 (notizie che non costituiscono reato, ndr) una annotazione che riguardava la minore Kharima; in questo momento i fascicoli sono separati, sono in due stanze diverse della Procura; il fascicolo di Forno il 23 luglio passa a modello 44, a carico di ignoti, per il reato di cui all’articolo 600 bis (prostituzione minorile, ndr); il 27 luglio i due procedimenti vengono riuniti». In ottobre vengono interrogati i funzionari della Questura presenti la notte in cui Kharima el Mahorug, fermata per furto, venne rilasciata su intervento del presidente del Consiglio («In Questura si è verificato un attacco militare», iperbolizza ieri il procuratore aggiunto).

I tabulati dei funzionari della Questura e persino quello del questore Vincenzo Indolfi vengono acquisiti per verificare che non abbiano raccontato frottole: «Anche davanti a rappresentanti delle istituzioni abbiamo indagato a 360°». «Il 9 dicembre questo ufficio chiedeva allo Sco (il servizio centrale operativo della Polizia, ndr) la verifica della presenza di Kharima ad Arcore». Il 21 dicembre «nel momento in cui la ricostruzione del reato di concussione e di prostituzione minorile era, secondo questa Procura, evidente veniva iscritto Silvio Berlusconi nel registro degli indagati».
Secondo la stessa Boccassini, dunque, l’iscrizione del Cavaliere avviene dunque non all’inizio dell’indagine ma quando la ricostruzione è diventata «evidente». Se questo corrisponda a quanto prevede il codice è un tema che accompagnerà probabilmente a lungo il processo del «Rubygate».

Anche perché agli atti c’è un rapporto del 9 luglio del commissariato di polizia Vittoria-Monforte, che conduceva l’indagine iniziale, quella che solo il 27 luglio sarebbe stata unificata con l’inchiesta a carico di ignoti condotta da Forno.

Il rapporto del commissariato cita un interrogatorio effettuato due giorni prima di Caterina Pasquino, che «dichiarava inoltre che la Ruby le aveva confidato di essere molto amica del presidente Silvio Berlusconi, di essere stata a casa del premier dove aveva cenato, ballato e fatto sesso con lui in cambio di molto denaro». Accuse precise, fatti precisi che oggi sono al centro del processo. Eppure il nome del premier venne iscritto più di cinque mesi più tardi.

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