Rumsfeld: gli iraniani si ribelleranno a questo presidente

Per il capo del Pentagono il voto è stata una farsa e Ahmadinejad è soltanto un nemico della democrazia, un uomo che donne e giovani non possono accettare

Silvia Kramar

da New York

La copertina del settimanale Newsweek, che uscirà nelle edicole americane stamattina, sintetizza le reazioni statunitensi al discorso del neo eletto presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad con un titolo che esprime preoccupazione: «I mullah vincono di nuovo». Una preoccupazione espressa anche dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld durante un talk show sulla rete televisiva Fox. Il capo del Pentagono ha dichiarato: «Ahmadinejad non è un amico della democrazia e non credo che i giovani iraniani e la popolazione femminile lo accetteranno, si rivolteranno contro di lui». Nonostante la stragrande maggioranza dei voti, con cui il nuovo leader di Teheran è riuscito a sconfiggere il suo rivale Ali Akbar Rafsanjani, Rumsfeld ha definito la consultazione «un’elezione finta, una vera farsa».
L’inviato di Newsweek in Iran ha definito Ahmadinejad «un vero mullah», che riapre la ferita di un passato iraniano che ha lasciato molte paure negli Usa. Il giornalista ha intervistato alcuni giovani di Teheran mentre la folla inneggiante seguiva il nuovo presidente verso la moschea di Narmak, nel povero quartiere della capitale dove Ahmadinejad è nato. Molti, pur dicendosi contrari al protetto della Guida spirituale Alì Khamenei, hanno paragonato la sua vittoria «a un’iniezione di vitalità per i vecchi princìpi islamici». Un giovane, dopo avere chiesto l’anonimato, ha commentato: «È un reazionario che ci riporterà tutti ai giorni dell’inizio della rivoluzione. È un hezbollah, un uomo con la barba e con un modo di fare negativo. Non è al passo con i tempi».
E da Washington, Rumsfeld ha rincarato la dose: «So che non è un amico della democrazia». «È una persona - ha aggiunto - che difende gli ayatollah di oggi, i quali cercano di imporre agli iraniani il loro modo di vivere e di pensare. Ma credo che, col passare dei mesi, i giovani e le donne lo troveranno inaccettabile». Secondo Rumsfeld, queste elezioni sono state «preparate» dai conservatori, che hanno vietato agli altri politici di candidarsi per la presidenza. «Si è trattato di un processo illegale», ha concluso Rumsfeld.
Il cancelliere tedesco Gerhard Schröder si incontrerà oggi alla Casa Bianca col presidente George Bush. Durante il colloquio, si è saputo, i due statisti esamineranno le situazioni iraniana e irachena, oltre ai focolai di crisi in Afghanistan e Sudan. La Germania è con Francia e Inghilterra impegnata nei negoziati sul progetto nucleare iraniano di Bushehr. Queste trattative sono appoggiate da Washington, che nel caso Teheran rinunciasse all’arricchimento dell’uranio che consente di preparare ordigni atomici, favorirebbe la richiesta iraniana di aderire all’Organizzazione per il commercio mondiale.
Prima del voto iraniano lo staff del presidente Bush aveva fatto sapere di ritenere il processo elettorale «illegale», dichiarando che qualsiasi risultato avrebbe messo il Paese in mano a uomini «che avrebbero esportato il terrore nel mondo». Un’opinione che trova d’accordo anche Mark Gasiorowski, esperto di questioni iraniane dell’università della Louisiana. In un’intervista che sarà pubblicata oggi sul New York Times, Gasiorowski dice comunque che «il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, nonostante la vittoia di Ahmadinejad dovrebbe evitare molto attentamente di provocare gli Stati Uniti». «Nonostante la loro vittoria, i conservatori iraniani dovrebbero favorire il dialogo con Washington.

Anche se prevedo - ha detto Gasiorowsi - che saranno restii ad accettare qualsiasi accordo proposto dagli Usa»
Dal Dipartimento di Stato di Washington, la portavoce Jamie Moore ha ridabito le critiche fatte da Rumsfeld: «I risultati elettorali iraniani non faranno mutare opinione agli americani sull’illegalità del processo elettorale. Hanno escluso dalla campagna presidenziale molti candidati e anche le donne. Per noi non si è trattato di un’elezione valida».

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