Luigi Russolo, celebrato sino al 17 settembre al Mart di Rovereto con una grande antologica, fu, tra laltro, un futurista. Per meglio dire, fu la colonna sonora del Futurismo. Il movimento ideato da Marinetti e lanciato in grande stile dalle pagine de Le Figaro nel febbraio del 1909, si proponeva come un «raggruppamento» di poeti e artisti che rinnegavano il passato e idolatravano il futuro, o meglio lidea del futuro che potevano farsi nellItalietta dinizio XX secolo. La velocità e la meccanizzazione della vita contemporanea divennero dunque i soggetti preferiti di liriche e dipinti futuristi. In questo contesto, il contributo di Luigi Russolo, che pure fu pittore (con esiti che poi vedremo), va certamente considerato dimportanza assoluta proprio per la «pertinenza semantica» allidea di futuro della sua proposta: unindagine sul rumore. Che cosa cera infatti di più moderno (nellottica di allora) del rumore di una miriade di «macchine» dogni tipo? Per i futuristi era la colonna sonora del futuro, e ne conseguiva che il rumore, dopotutto, era musica. Beninteso, per le orecchie di un giovane futurista pervaso dallo slancio utopico verso il domani.
Se si pensa ai concerti per «orchestra, dissonanze e rumori» che vari compositori contemporanei (voglio dire quasi odierni) hanno proposto in festival e sale concertistiche prestigiose negli ultimi trentanni (per citarne solo due: Cage e Berio), la cosa ci sembra del tutto naturale, oggi. Ma pensate quale fu leffetto, nel 1913, quando il nostro Russolo, ben infagottato in un frac invero poco futurista (per la moda futurista era ancora presto, arriverà solo con i panciotti di Depero nel 1923), si presentò in unaustera sala per concerti per dirigere non unorchestra ma uno strano marchingegno chiamato «intonarumori».
Lintonarumori appariva come un ammasso di scatoloni dai quali fuoriuscivano delle specie di megafoni. Questo allesterno. Allinterno, invece, una serie di stantuffi, camere daria e ingranaggi vari produceva, a comando, rumori dissonanti, gradevoli e sgradevoli. Il successo, parlando di raccolta di ortaggi, fu notevole. Del resto a quei tempi in assenza di televisione e con il cinema ancora «ammutolito», il divertimento maggiore erano proprio le serate futuriste, durante le quali si declamavano poesie, si davano brevi pièce teatrali, si mostravano dipinti e altro. Il pubblico vi giungeva preparatissimo, non sullargomento, ma per quanto concerne la fornitura di ortaggi, uova marce, ecc. Questo però non spaventava i futuristi, proprio perché «lagitazionismo» era parte integrante della dottrina di «coinvolgimento delle masse». In ciò il futurismo fu la prima avanguardia artistica «socializzante». E spesso finiva tutto in una generale scazzottata che debordava sin fuori del teatro e quasi sempre si concludeva nelle regie prigioni, dove i futuristi passarono più e più notti.
Ma se andiamo a ben vedere, quei primi futuristi erano poeti figli del simbolismo che ancora appesantiva loro i piedi, mentre i pittori dovettero inventarsi uno stile futurista dopo aver lanciato il «Manifesto della pittura futurista»: solo Boccioni vi riuscì (nonostante qualche screzio con i cubisti), mentre gli altri lo seguirono al traino, cioè divennero Boccioni-dipendenti, tranne Severini che fu sempre molto «cubista», e Balla che fu il vero polo alternativo a Boccioni. Il loro impatto maggiore, a livello pubblico e sociale, furono perciò le serate futuriste, nel corso delle quali Marinetti & Co. lanciavano i loro proclami via via sempre più infuocati, sempre più anticonformisti. Dal «Distruggiamo le accademie ed i musei», a «Guerra sola igiene del mondo» passando per «Cementiamo i canali di Venezia, cloaca massima». Evidenti provocazioni che culminarono, nel 1914, nellavvio della campagna interventista, vale a dire una forza di pressione per costringere il governo italiano a rompere la Triplice per lanciarsi in guerra contro lAustria.
Facendo un passo indietro, a Russolo appunto, ciò che intendevo dire più sopra era che in quel panorama prevalentemente letterario-artistico, egli era il più ortodossamente futurista. Forse niente come la musica futurista-rumorista di Russolo contribuì a dare il senso ed il segno di una rottura semantica con il passato. Un passato che prima della rivoluzione industriale era scandito dal silenzio. Oggi che il rumore di fondo standard delle nostre città è alto al punto da scambiarlo per la normalità, del passaggio del treno ci accorgiamo soltanto se siamo in prossimità della linea. Ma allinizio del XX secolo il rumore meccanico fu inteso dai futuristi come una musa della modernità.
Così Russolo supera di fatto, concettualmente, anche il teorico della musica futurista: quel Balilla Pratella che affermava che bisognava «considerare lenarmonia come una magnifica conquista del Futurismo». A Pratella, cui si rivolge allinizio del suo manifesto «Larte dei rumori» pubblicato l11 marzo 1913, risponde con un «bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei suoni-rumori». In fondo era ovvio, non si poteva proclamarsi futuristi e poi ascoltare una musica passatista, peggio ancora se operistica (cioè melodrammatica). «Godiamo molto più - scriveva invece Russolo - nel combinare idealmente dei rumori di tram, di motori a scoppio, di carrozze e di folle vocianti, che nel riudire, per esempio, lEroica o la Pastorale».
Insomma, una posizione di assoluta avanguardia, certamente molto più avanti degli esiti pittorici dello stesso Russolo, se si eccettuano alcuni dipinti. Lesposizione del Mart che porta in mostra, forse per la prima volta, gran parte della produzione pittorica e incisoria di Russolo cerca, nelle intenzioni dichiarate dei curatori, di mostrare quel «dato composito» che attraversa una produzione pittorica invero eterogenea, che spazia da esiti post-divisionisti e simbolisti a suggestioni onirico-esoteriche, passando per quattro capolavori assoluti che sono La Musica e La Rivolta (ambedue del 1911), Dinamismo di unautomobile (del 1913, ma non esposto) e infine Sintesi plastica dei movimenti di una donna (del 1912-13). Si tratta di un quartetto di opere inserite a pieno titolo nella poetica futurista, proprio per la presenza di quegli stilemi tipici quali il dinamismo e la simultaneità e con un ulteriore interesse per labbinamento del dato cromatico a quello musicale, per quanto concerne La Musica.
LA MOSTRA
Luigi Russolo.
Vita e opere di un futurista
Rovereto, Mart. Fino al 17 settembre.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.