«Sì alla Borsa ma con prudenza c’è il nodo utili»

EURO «In quest’area ci aspettiamo aggiustamenti dei conti assai pesanti»

Come sarà la situazione sulle Borse mondiali da qui a fine anno? E nel 2011? Lo chiediamo a Emilio Franco, cfa (chartered financial analyst), responsabile investimenti di Ubi Pramerica Sgr. «Il nostro approccio sui mercati azionari è prudente. Le valutazioni - spiega Franco - sono nella migliore delle ipotesi neutrali. La dinamica degli utili è ancora favorevole, ma le sorprese positive rispetto alle previsioni degli analisti sono sui massimi storici e destinate a declinare, così come le revisioni delle stime, altamente correlate agli indicatori leading dell’attività economica, in Usa ai massimi del ciclo. Complessivamente, il consensus ci sembra troppo ottimista circa le attese di redditività per il 2010 e 2011, già di ritorno sui picchi del 2007, nonostante la ripresa in atto sia modesta e vulnerabile. In sostanza, non pensiamo di essere all’inizio di un nuovo ciclo secolare di mercato toro, che storicamente si accompagna a valutazioni attraenti, crescita macro sostenuta e credito ampiamente disponibile nel sistema, tutte condizioni oggi non presenti».
L’economia americana avrà la forza di uscire definitivamente dalla crisi?
«La ripresa in atto negli Stati Uniti è mediocre, se paragonata agli standard storici, che caratterizzano le fasi di recupero dal Dopoguerra a oggi. L’evidenza empirica mostra che tanto più profondo è il calo dell’economia dal picco al minimo della recessione, tanto più violento è il rimbalzo macro nei dodici mesi successivi. Secondo questi parametri, dovremmo essere nel pieno di una fase di crescita del prodotto interno lordo americano pari a circa il 9% reale annuo, mentre le attese degli economisti per il 2010 prevedono uno sviluppo macro nell’ordine del’3-4%, in linea con quanto sta accadendo nel primo trimestre di quest’anno. Di certo, quindi, la “grande recessione” è ormai alle nostre spalle ma, nonostante gli eccezionali interventi di politica monetaria e fiscali delle autorità americane, la velocità di uscita è modesta e qualità e sostenibilità della ripresa continuano a essere temi centrali. Indubbiamente, gli aggiustamenti strutturali che devono compiersi nell’economia Usa, riguardanti la riduzione della leva finanziaria delle famiglie e delle banche, rappresentano una delle ragioni fondamentali delle dinamiche descritte».
L’Europa come sta affrontando la crisi della Grecia. Come si muoveranno i tassi di interesse nei prossimi mesi e o anni?
«Nell’area Euro ci aspettiamo che il tema del rientro delle finanze pubbliche dei Paesi periferici entro sentieri di sostenibilità si traduca in aggiustamenti dei conti assai pesanti, con tagli delle spese e incrementi delle imposte (e delle basi imponibili con il recupero dell’evasione fiscale), che avranno effetti recessivi su economie già deboli. L’esempio dell’Irlanda a questo proposito è illuminante: per i Pigs, dopo la crescita euforica generata dalla convergenza dei tassi di interesse verso i livelli più bassi dei partner comunitari, si sta aprendo una fase di austerità, che porterà all’aggiustamento degli squilibri e a un recupero di competitività con la riduzione dei salari nominali. Tutto ciò rappresenta un ulteriore choc deflazionistico alla periferia della moneta unica, proprio in un contesto in cui appare marcato un trend disinflazionistico, generato dalla disoccupazione e dall’eccesso di capacità produttiva. Per questi motivi, riteniamo probabile che la Bce mantenga i tassi di politica monetaria bassi per un periodo di tempo ancora prolungato. Allo stesso tempo, e in considerazione anche della crescita modesta e di consumi stagnanti, pensiamo che i rendimenti governativi tedeschi a medio/lungo termine non siano destinati a salire a breve e, anzi, offrano valore moderato a questi livelli.

Sarà necessario ancora del tempo prima della definitiva soluzione della crisi greca. La minata credibilità delle autorità elleniche sarà messa a dura prova nei prossimi mesi dalle tensioni politiche e sociali che inevitabilmente verranno causate dalle manovre di rigore fiscale adottate».

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