Fausto Biloslavo
Ci voleva la pena di morte per far lanciare a Saddam un appello alla pacificazione, lennesima piroetta nella speranza di salvarsi la pelle. Un ipocrita cambio di rotta a 180 gradi, rispetto alla baldanza dimostrata domenica scorsa quando la Corte speciale irachena lo ha condannato alla pena capitale.
Ieri il premier iracheno Nuri al Maliki, in unintervista alla Bbc, ha negato che la condanna a morte e lesecuzione siano frutto di pressioni esterne, e ha detto di ritenere che Saddam Hussein sarà giustiziato entro la fine dellanno. Ma i sostenitori del raìs, che continuano a sognare un impossibile ritorno al potere, armi in pugno, hanno fatto sapere che metteranno a ferro e fuoco Bagdad se lex presidente verrà impiccato. Tutte mosse per evitargli la forca, magari in cambio di un difficile accordo con una parte della guerriglia ancora fedele a Saddam.
Lex presidente iracheno si è presentato disteso e con un gran sorriso dipinto sul volto alla ventunesima udienza del secondo processo che lo vede imputato, assieme a sei gerarchi del vecchio regime, nel massacro dei curdi. Il colpo di teatro lo ha riservato subito dopo la drammatica deposizione del terzo testimone delludienza, che descriveva come le truppe irachene avessero distrutto il suo villaggio nel 1988 e passato per le armi gli abitanti.
Invocando il profeta Maometto e Gesù Cristo, Saddam, laico per unintera vita, ha esordito: «Chiedo a tutti gli iracheni, arabi e curdi, di riconciliarsi, di perdonarsi e stringersi la mano». La frase suona un po ipocrita detta da chi ha le mani lorde del sangue del suo popolo, ma la sorprendente dichiarazione è la prima del genere da quando lex raìs viene giudicato dal tribunale speciale iracheno per crimini orrendi. Questo nuovo processo riguarda la campagna Al Anfal, che significa letteralmente «bottino di guerra», voluta dal raìs tra il 1986 e l89 con lobiettivo di ripulire etnicamente gran parte dellIrak settentrionale abitato dai curdi. Uno dei quattro testimoni delludienza di ieri, Qahar Khalil Mohammad, ha raccontato alla corte come si arrese, assieme agli abitanti del suo villaggio, ai soldati iracheni nel 1988. Due ufficiali giurarono sul Corano che Saddam aveva promesso unamnistia e che a nessuno sarebbe stato torto un capello. Invece tutti gli abitanti del villaggio curdo furono allineati su una collina e i soldati li fucilarono in massa. «Quando spararono nella nostra direzione cademmo a terra ha raccontato il testimone . Vidi mio padre, due miei fratelli e altri diciotto parenti venire uccisi». Khalil rimase ferito, ma riuscì a salvarsi fingendosi morto. In aula si è anche alzato la maglietta per mostrare le cicatrici.
Gli ordini per una rappresaglia così spietata venivano impartiti dal cugino e coimputato di Saddam, Ali Hassan al-Majid, soprannominato Alì il chimico per avere gassato i curdi. Il processo è stato aggiornato a oggi, ma gli insorti legati al partito Baath, il partito unico del vecchio regime, hanno lanciato le loro minacce con un comunicato via internet. «Se verrà eseguita la condanna a morte nei confronti di Saddam Hussein, il partito Baath rafforzerà lassedio alla zona Verde di Bagdad, e opererà in ogni modo per distruggere le sedi delle ambasciate e dei servizi segreti che vi operano», afferma il comunicato. Un riferimento interessante riguarda le trattative per giungere a un accordo sulla pacificazione: «Luccisione di Saddam è stata decisa come conseguenza del rifiuto del nostro presidente di collaborare con gli occupanti». Ieri è stato annunciato che nei prossimi giorni verrà presentata una proposta di legge per diminuire il numero degli ex membri del Baath esclusi dagli incarichi pubblici, da 30mila a soli 1.500, il gotha della vecchia nomenklatura.
Fra i politici europei uno dei pochi a non piangere lacrime di coccodrillo per il destino di Saddam è lex premier spagnolo José Maria Aznar, che ieri ha definito «giusta» la condanna a morte per il deposto dittatore.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.