Roma

Sagra a Lanuvio Matticella, la «terza via» del carciofo

Né alla romana, né alla Giudìa, bensì «alla matticella». È la terza ricetta, meno conosciuta ma altrettanto gustosa, con cui nel Lazio si preparano da secoli i carciofi. Un particolare metodo di cottura nella cenere che, pare, fosse adoperato addirittura dagli Etruschi. Oggi è l’ultimo giorno per gustarli alla seconda sagra del Carciofo alla matticella a Lariano (www.associazionebuongustailariano.it).
La matticella è la fascina composta dai sarmenti della vite che, potati in gennaio, ad aprile - proprio in concomitanza con la maturazione dei carciofi - raggiungono il perfetto grado di asciuttezza, produce una brace speciale, profumata e che dura a lungo. I puristi pretendono che il fuoco sia preparato sulla nuda terra, su uno spiazzo esposto al vento di Ponente, che lo mantenga vivo. La brace viene poi distesa in uno strato alto almeno dieci centimetri in terra o su un ampio barbecue. I carciofi vengono puliti, sbattuti di testa su un piano, in modo che si aprano leggermente, e riempiti con sale, foglie fresche d’aglio (non gli spicchi) e un trito di mentuccia. Alcuni vi mettono anche del peperoncino e mezza alice.Poi vengono immersi - manualmente - nel rovente letto di cenere, con il gambo all’ingiù. Con una cannuccia, si cola al loro interno abbondante olio extravergine d’oliva. Dopo circa un’ora, il carciofo è pronto, apparentemente carbonizzato ma cotto a perfezione al suo interno, che sprigiona l’aroma della vite misto a quello del condimento.

L’ideale è gustarlo su una fetta di pane abbrustolito, con l’olio che cola sulla bruschetta.

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