Cronaca locale

SALOMÈ Nadja Michael canta la sua «prima» alla Scala

Non ci sarà ballerina, il mezzosoprano si esibirà anche nella danza dei sette veli

Mentre nel foyer musicologi e psicoanalisti (Giangiorgio Satragni e Mauro Mancia, moderatore Angelo Foletto per «Prima delle Prime») si domandano, ciascuno con le proprie sottili argomentazioni, per chi danzi Salomè (Jochanaan, Erode e perché non mamma Erodiade?) lei, nel suo camerino, non ha dubbi. Salomè danza per possedere quel Jochanaan così puro e così alieno. Così diverso da lei, adolescente vissuta nella corruzione e nell'ipocrisia e ignara di qualsiasi sentimento virtuoso. Nadja Michael, 38 anni, nata a Lipsia, residente a Berlino, due bambine piccole che si porta sempre dietro, studi a Stoccarda e nell'Indiana, è la protagonista femminile della Salomè di Strauss di scena alla Scala martedì. Prima Salomè e prima Scala. Prima si registra solo, nel 2004, la piccola parte di Bianca in «Eine florentinische Tragödie».
Occhi celesti e vivi, capelli biondi alla maschietto, fisico asciutto da danzatrice vera, Nadja ha appena provato la danza dei sette veli. È un'anima baciata dal sorriso. Una combattente che si porge in modo diretto e sincero. Niente divismi, niente «sono felice di». Dopo le sue bambine, la ricchezza culturale di Berlino e persino l'accenno al nome di un profumo, via alla musica. Singolare la scelta di specializzarsi in canto negli Usa. Singolare il curriculum che accosta Wagner e Lehár, Beethoven e Mascagni, Puccini e Erich Wolfgang Korngold. Singolarissimi i ruoli, sostenuti tanto con tessitura da soprano che da mezzosoprano. «A Bloomington - spiega - seguivo il mio maestro. Quanto alla voce nasco mezzosoprano ma ora sono orientata verso il repertorio sopranile». Limiterà anche la scelta degli autori? «No, amo tutto e tutti. Specie l'opera che sto cantando in quel momento». Con quell' altalenare tra Amneris e Leonore come si definirebbe? «Un lirico pieno». Che pensa del ruolo di Salomè? «Esigente». Incursioni nel registro acuto e grave, il terribile Sprechgesang. Terribile? «Certo, si deve cantare piano ma nel centro, venendo da zone estreme. È difficile trovare l'equilibrio stilistico». Nessuno ha ancora stabilito come debba essere l'eroina di Strauss-Wilde. Adolescente o matronale, con voce wagneriana o chiara, alla Caballè. Nadja si dichiara scenicamente adolescente. Il resto lo vedremo. La sua Salome è innamorata? «No, non conosce né amore né rettitudine. E anche la passione è solo un mezzo».
Parliamo della difficoltà del rapporto scena-buca. Sorride entusiasta. Finalmente qualcuno che la capisce, «quando mi sono vista davanti quel mare di strumenti m'è venuto da piangere. Perché Salomè, lo dice Strauss, deve tenere la voce leggera. Oggi cercheremo la soluzione, con Daniel Harding. Cosa pensa del giovane direttore inglese? «È uno che sa quello che vuole, lascia molto spazio alla espansione melodica, conosce il pathos». La danza dei sette veli, spesso consegnata a una danzatrice, la esegue lei. Coreografa: il sacro mostro Lucinda Childs che ne fa un momento astratto e descrittivo. Mai orgiastico, piuttosto passionale e triste. La Michael ha lavorato con Mehta e Maazel, Baremboim e Kent Nagano. All'appello, spera per poco, mancano tanto Abbado che Muti. Con Abbado c'è già stato un progetto. A Berlino dove ha casa è di casa alla Deutsche Oper e all'Unter den Linden e ha un futuro tracciato. Ma insomma per chi danza Salomè? «Lo ripeto, per avere “anche” Jochanaan, il diverso». Ma lei, Jochanaan, se lo sposerebbe? «Per carità.

È noioso, fanatico, pavido».

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