Quando va bene si spintonano per superarsi. Nella maggior parte dei casi decollano, si avvitano per aria e ricadono giù che sembrano violar ogni idea sulla caduta dei gravi da Galileo in avanti.
Eppure a ricercare i nomi di Shaun Roger White, Lindsay Jacobellis o Seth Wescott o i nostri Roland Fischnaller e Schiavon, le enciclopedie e i loro aggiornamenti ancora non ne riportano i lemmi. La definizione giusta è acrobati della tavola, loro sono gli snowboarder: la loro disciplina, declinata fra boardercross, Pgx, che sta per gigante parallelo, e half pipe, che non è un insulto, ma una poesia disegnata nell’aria, doveva essere il futuro degli sport invernali ma, almeno nel nostro Paese, le mamme d’Italia gli preferiscono ancora lo sci «normale».
Chi lo sceglie ha insito in sé il seme della sregolatezza e della follia. Quella buona però: che ti fa venire il fiatone e le guance rosse per la fatica, quella che ti permette di svelar l’ombelico al vento e al contempo di imbacuccarti in caschi, tute larghe e protezioni per evitare le botte più dure. Prendi Sett Wescott che pochi giorni fa, a 33 anni, è diventato il più medagliato nel settore, vincendo il secondo oro olimpico consecutivo sul canadese Robertson. L’altra, invece, è stata la notte di un altro funambolo: si chiama Shaun Roger White, ha 24 anni, e il suo regno è l'half pipe. Per la storia però il suo epiteto non è di quelli di cui andare fieri: lo chiamano il «pomodoro volante» perché, anche nei soprannomi, il mondo dello snowboard è meno pomposo e più prosaico di quello dello sci. Come vuoi chiamare un ragazzone con lunghi capelli rossi e una serie di dentoni pronunciati? «Pel di carota» poteva essere più letterario, ma forse in America Renard non è mai stato tradotto. Il flying tomato è un rider, il più grande in circolazione. I suoi colpi in canna hanno nomi in codice come «double cork 10» o «Mc twist 1260», roba che riesce solo a lui, un po’ come il quadruplo salto di Plushenko, un po’ come l’altro giorno quando, pur avendo la vittoria in tasca, si è esibito per il pubblico ormai in delirio. Ma la sua vita fino a qui non è stata facile: nato con un difetto cardiaco ha già subito tre operazioni. Eppure sorride alla vita e il soffio al cuore lo provoca negli altri: «Fortunato? E come potrei esserlo con tutti questi capelli rossi? Fortunato è chi trova per strada molte monetine». Lui invece se l’è guadagnate surfando.
Sono così gli snowboarder: sanno vincere. E quando perdono ce la mettono tutta. Come Lindsay Jacobellis, la statunitense tutto pepe, passata alla storia a Torino per aver perso l’oro quando, agli ultimi metri, ha preferito cimentarsi in un salto in più e sorridere ai fotografi mentre da dietro l’avversaria la infilava. Allora fu argento e tre giorni fa deve essere rimasta ancora di palta quando, di nuovo, ha saltato una porta agli ultimi metri scivolando al quinto posto.
A casa nostra potrebbe far sognare Roland Fischnaller, in gara sabato 27, fra i primi otto al mondo nel gigante parallelo.
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