Non amo le previsioni fondate sui sondaggi: il passato ci ammonisce che essi non ci danno alcuna certezza. Preferisco costruire delle ipotesi sulle quali sviluppare un ragionamento per quanto possibile realistico. Il «se» sostiene possibili conseguenze. L'ipotesi che intendiamo sviluppare ora è questa: «Se vincessero le sinistre...». Allora le conseguenze forse ci consentirebbero di votare con maggiore consapevolezza, cioè meglio.
Lasciamo da parte il caso della Margherita che, nelle liste unitarie dell'Ulivo, ha un peso minore: chi spera di dare il suo voto ai «moderati» della Margherita, in realtà lo dà anche ai Democratici di sinistra, anche se hanno in politica estera posizioni diverse. Se vota per un partito dell'Unione non ha la sicurezza di avere poi un governo stabile nel tempo. È un'alleanza di sette partiti (ma forse di più) con un leader senza carisma, un Romano Prodi che sa solo urlare: «Comando io». È destinato a sfasciarsi ben presto e a non governare per gli opposti veti dei partiti dell'Unione. Il caso dell'amministrazione comunale di Bologna insegni: il sindaco Sergio Cofferati, sempre presente sui giornali, non ha fatto nulla salvo perdere per strada tre assessori.
Questa ricostruzione è parziale perché è statica: di fatto la politica mette in movimento i diversi partiti di fronte ad una scelta concreta nei problemi che si stanno dibattendo. Ora chi è a sinistra può esercitare una maggior pressione sugli alleati che sono più vicini al centro. La Quercia non vuole avere nemici a sinistra, anche perché la maggioranza di questo partito non vuole chiudere drasticamente a sinistra come hanno fatto i socialisti tedeschi.
Inoltre a sinistra c'è una capacità di mobilitare parte dell'elettorato. Pensiamo alla legge Biagi: se la sua trasformazione col nuovo governo non piacerà al sindacato, questo potrà scendere in piazza per dettare la sua soluzione. Più forti e quindi più pericolose sono le pressioni che vengono da forze che si muovono ai margini o fuori dalla nostra democrazia rappresentativa. Pensiamo ai no-global, ai centri sociali, agli anarco-insurrezionalisti. Ricordiamo come siano già stati a disposizione dei Verdi per impedire il treno ad alta velocità (Tav) in Val di Susa. Anche Prodi non esce dalle sue ambiguità dicendo un giorno «sì» e un giorno «no».
Tuttavia questa ricostruzione resta parziale perché è italocentrica, cioè non guarda a ciò che succede fuori dal nostro Paese e che peserà sul nostro futuro. Per compiacere la sinistra, che ama sempre nascondersi dietro parole «corrette», non parlerò di guerra di civiltà, ma è necessario ammettere che nel mondo c'è un duro scontro, perché l'integralismo islamico è contro il cristianesimo (se ne è accorto solo il Papa), contro l'America e contro lo Stato d'Israele. La sinistra non vuole prendere coscienza di questo scontro solo perché ha paura. La nostra sinistra non è amica degli Stati Uniti, vuole essere equidistante tra palestinesi (che preferisce) e israeliani e riesuma la vecchia politica di Andreotti. Il mistero degli ebrei, che sopravvivono nel tempo nonostante le persecuzioni e avendo come meta Israele, è ciò che rende forti i sionisti e i filosionisti di oggi.
Anche in Europa ci sono stati attentati dei terroristi (Inghilterra e Spagna), ma i terroristi sono presenti anche in Italia, dove preparano i kamikaze. Ma questi potenziali terroristi vengono prosciolti dai nostri magistrati che li considerano patrioti. Per le strade e per le piazze giovinastri irresponsabili gridano Intifada sino alla vittoria (ma perché non vanno volontari a Gaza?) o dieci, cento, mille Nassirya, dichiarando con questo guerra all'Italia.
La mia ipotesi sulla possibile vittoria della sinistra ha dimostrato come conclusione che sarebbe un vero salto nel buio.
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