Salute

Sclerosi multipla, il 30% dei pazienti ha bisogno di cure più efficaci

Secondo i dati emersi durante l'ultimo media-tutorial di Celgene, parte di Bristol Myers Squibb, la patologia richiederebbe cure più efficaci per 3 pazienti su 10

Sclerosi multipla, per 3 pazienti su 10 la malattia non è sotto controllo

È tra le malattie del sistema nervoso centrale con maggior incidenza e, allo stesso tempo, tra le più gravi: si tratta della sclerosi multipla, patologia che ogni anno fa registrare un incremento di 3400 casi, con una media di una diagnosi ogni 3 ore.

Secondo gli specialisti intervenuti durante il media-tutorial online dedicato alla patologia promosso da Celgene, parte di Bristol Myers Squibb, i sintomi riscontrati variano da soggetto a soggetto, comprendendo problemi alla vista, disturbi cognitivi e stanchezza fino alle difficoltà o all’impossibilità a deambulare in maniera autonoma. Anche il decorso è soggettivo ma accomunato da un attacco brutale alla qualità della vita dei pazienti, causato principalmente dall’alterazione della comunicazione tra cervello e corpo.

Sclerosi multipla, strumenti e organizzazione per combattere la patologia

Il prof. Francesco Patti, del AOU Policlinico - Vittorio Emanuele, Università di Catania, Centro Sclerosi Multipla, sostiene come a oggi non esistano ancora delle cure efficaci contro i casi più difficili da trattare: «Oggi abbiamo a disposizione più di venti farmaci, molti dei quali sono chiamati “modificanti la malattia” perché agiscono sul nostro sistema immunitario e possono ridurre gli attacchi e rallentare la progressione della patologia. Negli ultimi tre anni, sono state introdotte nuove terapie anche per le forme progressive di sclerosi multipla. Garantiscono buoni risultati ma ci confermano che non siamo ancora in grado di controllare completamente la malattia. Questo avviene perché non disponiamo ancora di armi ben affilate soprattutto per quei casi più gravi dove la malattia non presenta periodi di remissione. Si rendono necessari, inoltre, interventi di riabilitazione per il 55% dei malati. Le possibilità di garantire una discreta qualità di vita dipendono molto dall’intervento precoce che si riesce ad assicurare».

Se per sette pazienti su dieci le terapie riescono a tenere sotto controllo l’azione invalidante della patologia, il 30% delle persone colpite richiede un percorso diagnostico-assistenziale più efficace e tempestivo, soprattutto in un periodo come quello della pandemia che ha reso più complesso l’accesso alle cure di ogni tipologia.

«Prima della pandemia - sostiene il prof. Patti sottolineando l’impegno durante il complesso periodo attuale -trascorrevano in media 30-40 giorni dal momento della diagnosi all’inizio della terapia. Il Covid-19 ha in parte complicato la situazione soprattutto durante i mesi più difficili del 2020. Nonostante lo stress test che sta subendo da oltre un anno il nostro sistema sanitario nazionale, abbiamo assicurato la somministrazione delle cure nonostante alcuni inevitabili rinvii e ritardi. Ciò è dovuto alla buona organizzazione e all’ottima qualità dei centri per la sclerosi multipla attivi in Italia, considerati tra i migliori al mondo».

«Un altro problema è quello dell’aderenza alla terapia prescritta dallo specialista - ha aggiunto il prof. Claudio Gasperini, Dirigente Medico del Dipartimento di Neuroscienze AO San Camillo-Forlanini di Roma -. Per quanto riguarda i farmaci orali a distanza di un anno solo il 75% dei pazienti li assume correttamente seguendo le indicazioni mediche. Il fenomeno si riscontra anche per le terapie iniettive che preoccupano per gli effetti collaterali e per modalità di somministrazione».

Anche il prof. Gasperini ha ricordato come l’arrivo del Covid abbia messo sotto pressione il sistema medico, rischiando di rendere ancora più complessa la situazione e rischiando di sacrificare i traguardi raggiunti in passato: “Come è noto, la pandemia ha reso più difficile l’accesso alle strutture sanitarie e ha fatto saltare alcuni controlli clinici. Il paziente poi tende a non comunicare al medico curante la mancata aderenza ai trattamenti. Risulta così in crescita un fenomeno francamente preoccupante e che può vanificare i successi che abbiamo ottenuto grazie ad anni di ricerca scientifica».

Sclerosi multipla, le difficoltà di una patologia cronica e invalidante

Colpisce soprattutto le donne, con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini e un esordio anche in giovane età, principalmente tra i 20 e i 40 anni. Sono oltre 126mila gli italiani colpiti da sclerosi multipla, patologia cronica che ha un costo sociale medio di circa 45mila euro per ogni paziente. Ed è proprio la sua natura cronica e progressiva a richiedere controlli di diversa natura, da svolgere anche grazie agli strumenti digitali di nuova generazione che accorciano le distanze, ora più che mai.

«È una patologia cronica e come tale richiede cure adeguate nelle diverse fasi di malattia e un monitoraggio periodico da parte del neurologo e degli altri operatori sanitari coinvolti nel percorso di cura - ha concluso il prof. Mario Alberto Battaglia, Presidente Fondazione Italiana Sclerosi Multipla -.Questi controlli potranno essere garantiti anche attraverso nuovi strumenti digitali che in parte già erano sperimentati prima della pandemia».

Il prof. Battaglia ha poi voluto portare alla luce un altro aspetto fondamentale nella lotta alla sclerosi multipla, ovvero quello relativo allo stato psicologico dei soggetti colpiti dalla patologia e della necessità di offrire un servizio mirato grazie alla collaborazione tra gli specialisti e i team medici sul territorio: «l Covid-19 ha evidenziato le carenze della nostra rete d’assistenza soprattutto a livello territoriale. Un paziente su quattro, fra quelli che ne hanno avuto bisogno durante la pandemia, ha evidenziato difficoltà nell’accesso al supporto psicologico e alla riabilitazione. Vanno potenziate infatti tutte quelle attività socio-sanitarie che non sono riconducibili ai centri specializzati come le cure a domicilio, la riabilitazione o l’assistenza psicologica, sia da remoto che in presenza, in particolare per i più gravi, così come agevolare il percorso per il riconoscimento dell’invalidità.

Bisogna garantire infine sempre il rapporto tra gli specialisti neurologi e i professionisti del team di medicina territoriale».

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