Per evitare chemio novità nelle strategie terapeutiche e due nuovi test per la lotta contro il cancro al seno arrivano dal V Simposio Internazionale “Primary Systemic Treatment of Operable Breast Cancer” che si è tenuto dal 5 al 7 ottobre a Cremona presso Palazzo Trecchi.
Il congresso, organizzato da Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona, Unità di Patologia Mammaria Breast Cancer Center e dall’Università degli Studi di Brescia ha visto, per la prima volta in Italia, la partecipazione di ASCO (American Society of Clinacal Oncology), la più grande società di oncologia al mondo, che interviene come partner dell’evento.
Tra le evidenze emerse dal congresso, la messa a punto di nuovi metodi diagnostici nella cura del cancro al seno e l’introduzione di nuovi farmaci nella chemioterapia preoperatoria. Di fronte ad una platea di più di 200 oncologi provenienti da tutto il mondo, gli esperti hanno presentato in anteprima mondiale due test rivoluzionari che consentono di prevedere con maggiore precisione l’evoluzione della malattia, permettendo di capire già in fase di diagnosi o durante il trattamento la validità della cura senza attendere l’intervento, con l’obiettivo di fornire al paziente il più efficace trattamento terapeutico.
“Attraverso questi nuovi test, commenta - Alberto Bottini, Responsabile Patologia Mammaria Breast Cancer Center - Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona - è possibile condurre un’analisi sulla mutazione di geni specifici e individuare in fase di diagnosi, con il test su piattaforma Sequenom, il trattamento più indicato per il paziente oltreché valutare in corso di terapia, con il test RDA Index, se il paziente sta traendo un reale beneficio dalle cure somministrate”.
Il carattere rivoluzionario di questi test consiste nel fatto che fino ad oggi l’efficacia del trattamento può essere valutata esclusivamente “ex-post”, ovvero dopo l’intervento. Ora invece sarà possibile durante il trattamento o addirittura in fase di diagnosi chi trarrà beneficio da una determinata cura, modificando o interrompendo la terapia in casi in cui non si stiano ottenendo miglioramenti significativi, ed evitando la tossicità derivante da cure inefficaci.
“Negli ultimi decenni il trattamento chirurgico di questa patologia è divenuto sempre più conservativo favorendo interventi meno invasivi a operazioni mutilanti. “In tal senso la chemioterapia preoperatoria o neoadiuvante - afferma Alfredo Berruti, Direttore Oncologia Medica Ospedali Azienda Ospedaliera Spedali Civil di Brescia. Università degli Studi di Brescia - sta prendendo sempre più piede, dal momento che presenta numerosi vantaggi rispetto al classico trattamento adiuvante/post operatorio”.
Anticipare il trattamento chemioterapico permette di controllare meglio la risposta del paziente. La terapia preoperatoria consente di ridurre il volume della massa tumorale rendendo l'intervento più efficace, meno demolitivo, e aumentando le possibilità di conservare la mammella. Infine riduce l'estensione di tumori inoperabili, permettendo interventi curativi.
“Si tratta - ha sottolineato Clifford A. Hudis, Presidente ASCO, American Society of Clinacal Oncology - di una scoperta importantissima nel campo della lotta al tumore del seno, che migliorerà l’indice di sopravvivenza alla patologia, consentendo di definire terapie sempre più personalizzate sul singolo paziente con indubbi benefici in termini economici e una significativa diminuzione della tossicità dei trattamenti e dei tempi di guarigione.”
Per le donne di età superiore ai 35 anni il tumore al seno è ancora la prima causa di morte: una patologia che nel mondo registra 1 milione di nuovi casi l’anno, 42 mila dei quali in Italia. Oggi nel nostro paese 1 donna su 13 è a rischio tumore: con il 41% dei casi diagnosticati nella fascia d’età compresa tra 0-49 anni, il 35% tra i 50 e i 69 anni e il 21% oltri i 70 anni. Tuttavia la mortalità è in continua diminuzione. Un numero crescente di pazienti arriva alla guarigione e l’aspettativa di vita è in costante aumento: oltre l’85 dei malati sopravvive dopo i 5 anni dalla diagnosi, grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più mirate ed efficaci.
Sono in corso esperienze di chemioterapia neoadiuvante che prevedono, oltre all’utilizzo dei farmaci convenzionali, anche l’impiego di nuove molecole nel trattamento delle forme più aggressive di tumore al seno, quali il tipo HER2 positivo che rappresenta il 20-30% di tutte le diagnosi di carcinoma mammario. Una forma molto aggressiva, con una progressione più rapida e un’età d’insorgenza sempre più bassa. Le nuove sostanze, come ad esempio l'Ertumaxomab e il Neratinib, bloccano l'HER2 stesso o le molecole che interagiscono con esso. Con risultati promettenti: blocco irreversibile della proliferazione del tumore.
Oggi, grazie alla chemioterapia preoperatoria l’80% delle pazienti ottiene una riduzione delle dimensioni tumorali e può essere sottoposta a interventi molto meno demolitivi con esiti psicologici, funzionali, estetici meno invalidanti per le pazienti.
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