nostro inviato a Sanremo
Dentro uno e poi l’altro, alla fine fanno quattro: Marco Mengoni, Noemi e Tony Maiello (nella Nuova Generazione) da X Factor, Valerio Scanu da Amici, dove pochi mesi fa s’è giocato la vittoria fino all’ultimo. Proprio così: al Festival di Sanremo che inizia domani c’è una bella invasione di ragazzi allenati, forgiati e lanciati dalla tv diventata maestra di musica e guarda un po’ che risultati. Sanremo talentoso, Sanremo Factor, Amici di Sanremo e via con i giochi di parole. Soprattutto: Sanremo giovane perché quest’anno addio cariatidi, basta con Matia Bazar e gerontopop del genere e largo a chi si è appena fatto largo.
D’accordo, a Mengoni spettava di diritto come vincitore dell’ultimo X Factor, ma gli altri l’Ariston se lo sono conquistato passo dopo passo, a pane dischi d’oro e tournée, senza correre sul dorso di scintillanti gossip o di roboanti raccomandazioni. Semplicemente piacciono. E, ancor più semplicemente, hanno belle canzoni. Uno dice: troppo facile, questi sono i cocchi della tv e per forza che vanno a Sanremo. In realtà ci sono arrivati a furor di popolo perché Briciole di Noemi è stato uno dei brani più martellati dalle radio nell’estate scorsa e Scanu ha trotterellato per l’Italia cantando senza sosta e incidendo due album, mentre Tony Maiello, che sarà il più spaesato di tutti perché è così inesperto, ha fatto quello che aveva promesso in tv: si è messo a perfezionare la sua musica.
D’altronde lui, napoletano, vent’anni, è il frutto della scuola Mara Maionchi, la sua produttrice: palla lunga e pedalare, il lavoro innanzitutto, perché è l’unico modo per far germogliare il talento se ce l’hai. E così sbarca tra i giovani con un brano mica male, un bell’r&b all’italiana che è azzeccato non solo musicalmente, calibrato e corposo com’è, ma squaderna un testo (suo) che fai fatica a non canticchiare subito. Per di più, le parole de Il linguaggio della resa non sono la solita trafila di sole cuore amore oppure di pensieri accatastati a caso per esigenze metriche. Ma parlano del silenzio, di quel silenzio che segue la fine di un amore e dà la forza di andare avanti. Diciamolo, dai, di solito a vent’anni si è in tutt’altre riflessioni affaccendati e dal silenzio si scappa a gambe levate senza pensarci troppo su.
Insomma, Enrico Ruggeri e Irene Grandi. Il trio principesco con Pupo, Emanuele Filiberto (in qualche modo anche lui figlio di un talent show, Ballando con le stelle) e il tenore Luca Canonici. Anche Nino D’Angelo e Toto Cutugno.
Ma il Sanremo dei sessant’anni quest’anno festeggia con le novità ventenni, altro che. Prendi Marco Mengoni, nato nel Natale 1988, vincitore morganatico di X Factor nel senso che Morgan era il suo caposquadra, propensione ai suoni soul, molto vicino all’anglolibanese Mika che sta facendo impazzire il mondo. Mentre pubblica il cd Re matto, Mengoni arriva all’Ariston con Credimi ancora, brano poco sanremese, molto complesso per arrangiamenti, cantato in modo strepitoso perché questo ragazzo «tiene voce», come direbbe Enrico Caruso: molto strutturata, agile, impaziente di arrivare ai toni alti senza perdere carico.
Una che li frequenta poco, i toni alti, è Noemi che al Festival avrà un brano caotico e bello, Per tutta la vita, misurato per lei da Diego Calvetti e Marco Cappelli, ossia mica due qualunque. Ruvida e sensuale, allenata da quel blues e da quel soul nero e impestato di passioni, Noemi è abituata a vincere alla distanza: a X Factor non è arrivata in finale ma poi ha stravinto l’estate. Stavolta chissà.
Di certo il Sanremo talentoso non passerà inosservato. E, già che ci siamo, sarà pure agitato dal televoto. Enrico Ruggeri lo ha detto: «Il televoto li ha creati, il televoto li premierà». Di sicuro è un bell’aiuto.
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