Marco Mengoni terza volta in gara a Sanremo.
«E sto pure registrando la terza parte della mia trilogia di dischi Materia».
Potenza dei numeri, arriva con un brano che si intitola Due vite.
«È una analisi con me stesso, un confronto che sembra non finire mai».
Da una parte c'è Mengoni, ormai stella conclamata con 68 dischi di platino e quasi due miliardi di stream audio e video. Dall'altra c'è Marco, 34 anni compiuti il giorno di Natale, che procede a tentoni nella continua ricerca dell'equilibrio, della crescita, dell'armonia con se stesso. Al Festival arriva dieci anni tondi tondi dopo la vittoria con L'essenziale «proprio quando nessuno, a parte la mia manager Marta Donà, sembrava credere in me». Dopo aver cantato all'Ariston il verso «mentre il mondo cade a pezzi», Mengoni ha costruito con successo «nuovi spazi e desideri» che lo hanno portato a sbancare classifiche e social, a riempire San Siro e a diventare un punto di riferimento della scena musicale. Una corsa favolosa, diciamolo, che è andata avanti sui due binari paralleli della popolarità e dell'analisi, spesso faticosa, delle proprie passioni e delle proprie ambizioni. Un doppio Mengoni. Lui, seguitissimo sulle piattaforme social da un pubblico gigantesco e fedele, è arrivato alle prove romane del Festival appena dopo essere atterrato dagli States. «Ho fatto un viaggio nei luoghi del blues, Alabama, Louisiana eccetera, dove mi ero trovato a casa». Tradizione e futuro. Musica liquida e radici black. E questa ricerca di sinergia alla vecchia maniera a Sanremo si traduce in «Lido Mengoni», un quartier generale poco distante dall'Ariston che, attraverso le piattaforme social, permetterà a tutti di partecipare agli incontri con amici, colleghi e poi di confidarsi con Fabio De Luigi con una chiacchierata che diventerà il podcast quotidiano Caffè col limone. In più, tanto per non farsi mancare nulla, ci sarà pure Radio Lido Mengoni, disponibile per tutto il giorno sull'app Stationhead. Più che un semplice cantante in gara, Mengoni sarà un artista che espone se stesso nella settimana più complessa e vitale della musica italiana.
Tornare a Sanremo è come fare una maratona.
«Ma ho sempre detto che, se avessi trovato il pezzo giusto, ci sarei tornato».
Quindi Due vite è il pezzo giusto.
«Due vite rappresenta e racconta la vita che vivo tutti i giorni e quella che vivo attraverso l'inconscio. I miei sogni mi fanno riflettere molto e spesso mi danno verità che vanno ben oltre ciò che la vita fenomenica mi offre».
Un brano esistenzialista?
«Beh parla della mia esistenza».
È un bilancio?
«No, al limite è un rilancio».
Quindi?
«Due vite è il contrasto tra la realtà e il sogno. È un confronto con me stesso».
Una discussione in diretta tv.
«Aprirà anche il nuovo album. Sono molto soddisfatto di come sta venendo, e io non sono mai soddisfatto eh».
Secondo chi ha ascoltato la canzone e anche per gli esperti Sisal, Mengoni è il più favorito di tutti.
«Essere il favorito può mettere un po' di tensione».
Non dica che non ce l'ha.
«Ce l'ho».
Ma...
«Ma io vado a Sanremo per divertirmi. Non penso al sabato sera, alla finale, a ciò che potrebbe accadere».
Riassunto.
«Se si vince, bene. Altrimenti l'importante sarà vivere una bella festa».
La prima volta a Sanremo, tredici anni fa, non fu così bella.
«Neanche me la ricordo».
Era appena uscito da X Factor.
«La mia condizione era: Boh mi butto e vedo che cosa accade. Ero immaturo».
Nel 2013 torna e vince.
«Era un periodo di lotta con me stesso. Non pensavo di reggere una carriera di questo tipo. Mi davano per spacciato, per finito, magari pure io ci credevo. Pensavo: quasi quasi torno all'Università. La musica sarebbe rimasta la mia passione, dopotutto mica bisogna fare il mestiere della musica per avere la passione per la musica».
E invece.
«Sanremo mi ha dato uno schiaffo».
Nella serata dei duetti canterà Let it be dei Beatles con The Kingdom Choir.
«Si sono esibiti anche al matrimonio di Harry e Meghan. Hanno cantato Stand by me».
Lei potrebbe cantare dopo il discusso intervento di Zelensky.
«Condividere la serata con un messaggio di pace fa parte del mio carattere, non ci vedo niente di male».
Se vincesse il Festival, le toccherebbe pure di partecipare all'Eurovision.
«Mi chiede come vedo Due vite all'Eurovision?».
Eggià.
«Bene, direi. Un bel pezzo sta bene dappertutto».
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