da Roma
Le scrive lui, proprio lui. Col pennarello, dietro la parete d'ingresso, pochi secondi prima d'andare in scena. E ci mette pure la data. Il primo marzo scorso, serata del debutto, la frase sul muro recita: «Cucù! Ci risiamo!». Il 7 aprile, giorno festivo: «Pure a Pasqua? Nun se fa così». E il 14 successivo (evidentemente dopo aver rischiato di tralasciare il rito scaramantico): «Meno male che me ne sono ricordato!». E non basta. Oltre all'estemporaneo «diario» parietale, l'uso prevede l'esibizione più originale della Corrida: l'unica che nessuno spettatore vedrà mai. Quella di Gerry Scotti in persona: prima di ogni puntata impegnato, col coro e l'orchestra del maestro Pregadio, a intonare Blu, di Zucchero. Perché? «Per fare affiatamento. Per scaldarsi». E infine l'ultimo gesto, il più importante di tutti. Uno sguardo alla Madonnina che Gerry ha messo accanto all'ingresso. E davanti alla quale (riferiscono gli addetti stampa) «non mancano mai dei fiori freschi».
Chi giudicasse il trionfo della Corrida - vincitrice assoluta del sabato sera, con una media del 30,1 di share e di 6.200.000 spettatori (dopo aver toccato punte del 43 e di nove milioni), stasera all'ultima puntata, prima de Il meglio e il peggio di del 2 giugno - riterrebbe superflua tanta scaramanzia. Perché la sagra dei «dilettanti allo sbaraglio» non ha sbaragliato la concorrenza solo in virtù d'una formula immutabile, inaffondabile, inimitabile. «Ma anche perché la concorrenza ci ha messo del suo - ammicca Gerry, sornione -. Voglio dire: Notti sul ghiaccio si basava su uno sport che non è popolare e diffuso quanto il ballo. E stavolta non godeva neppure del traino delle olimpiadi invernali. Funari, invece, col suo Apocalypse Show era troppo provocatorio, troppo sperimentale: se al sabato sera, ad un povero padre di famiglia che ha già gli scatoloni pieni dell'aumento delle tasse, del caldo anticipato, dei rifiuti sotto casa, delle tragedie e degli orrori dei tg, tu gli dici pure ricordati che devi morire... Be: uno prima fa gli scongiuri. E poi cambia canale». Finendo così, dritto dritto, nella solarità scacciapensieri e strapaesana della Corrida.
«Ma attenti: non c'è peggior errore che sottovalutarla, la Corrida. Lo dimostra il suo trionfo. Questo dazio della puzza sotto al naso l'abbiamo pagato per anni con gli addetti ai lavori, molti dei quali continuano a guardarci dall'alto in basso. E soprattutto all'inizio, quando io presi il posto di Corrado». «Un dazio che, prima di Gerry, era stato pagato da Corrado stesso - precisa Marina Donato, produttrice fedele e affettuosa compagna dell'amatissimo conduttore -. Solo col tempo, dopo quasi trent'anni di edizioni alla radio e in tv, i più snob hanno smesso di considerare i «dilettanti allo sbaraglio» come gli scemi del villaggio». «E ora - aggiunge il maestro Pregadio - la Corrida la rispettano tutti». «La prima edizione è del 1968? - calcola Gerry (il cui contratto scade proprio oggi, ma che con Mediaset ha in serbo il tv movie Finalmente soli, con Maria Amelia Monti, e una serie basata su Patch Adams dal titolo Dottor Clown) -. Allora siamo anche noi figli del 68. Ecco perché siamo così rivoluzionari!».
Certo: a vederli in tutù rosa confetto o con cresta e becco da gallina, attendere il loro turno dietro le quinte, la tentazione di ironizzare su questi dilettanti, viene. Poi però li scopri semplici e simpatici, con guizzi di sana follia e - incredibile ma vero - senza smanie di protagonismo televisivo. «Faccio l'operaio e non voglio sfondare nella lirica» - spiega Paolo Verri, che gorgheggerà Un amore così grande del tenorissimo Mario Del Monaco -. Se mi applaudono bene. Se mi fischiano meglio: almeno li avrò fatti divertire». «Sì: lo so, di solito i poeti vengono presi a sghignazzi e pernacchie - sospira Franco Gilardetti, 68 anni, contabile in pensione e fine dicitore -. Ma io sono qui soprattutto per i miei nipotini, Samuele e Angelica».
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