Elsa Airoldi
Continua la caccia ai direttori chiamati a salire sul podio che le recenti vicende hanno privato della presenza di Muti. La scelta (e la disponibilità dell'interessato) cade su Saraste, la bacchetta che in settembre inaugurò, debuttando in teatro, i Sinfonici della Scala.
Jukka-Pekka Saraste è l'antagonista del più conosciuto Esa-Pekka Salonen. Del '56 l'uno e del '58 l'altro, i due direttori nascono entrambi a Helsinki dove studiano presso l'Accademia Sibelius. Esa-Pekka deve la maggiore notorietà presso il nostro pubblico anche a un processo di «italianizzazione» dovuto ai corsi seguiti a Siena con Donatoni e a Milano con Castiglioni. Se Salonen parte con l'Opera Nazionale Finlandese, Saraste inizia con l'Orchestra Filarmonica di Helsinki. Per poi diventare direttore stabile alla Sinfonica della Radio Finlandese. Nel suo curriculum anche la Scottish Chamber e la Sinfonica di Toronto. Il nostro ospite, che torna con l'imprimatur di Münchner Philharmoniker e London Philharmonic portandosi appresso un carnet già tutto impegnato dai nomi dei grandi complessi internazionali, firma pure una ricca discografia che non trascura l'integrale delle sinfonie di Jean Sibelius e Carl Nielsen. Finlandese l'uno e danese l'altro. Insomma, gente di casa sua. Con Saraste si attinge nuovamente al promettente vivaio nordico. Lo stesso che ha appena visto sul podio scaligero il giovane Remmereit, la prima bacchetta-sostituta. Saraste è dunque tra noi per un recupero. Quello del concerto della Filarmonica che avrebbe dovuto essere diretto da Muti il 18 marzo, nel mezzo della bagarre che lo avrebbe indotto alle dimissioni. Diverso il programma. Catalani, Martucci e Ciakovskij di allora sono sostituiti oggi alla Scala (una coincidenza vuole che nelle stesse ore il Festival di Bergamo e Brescia conferisca a Muti il Premio Benedetti Michelangeli 2005, prestigioso riconoscimento precedentemente riservato a Maurizio Pollini, Marta Argerich, Vladimir Ashkenazy, Mstislav Rostropovich e Lorin Maazel) da Rimskij-Korsakov, Béla Bartók e Maurice Ravel. Di Rimskij viene eseguita l'Ouverture dell'opera La notte di maggio. Lavoro dedicato alla moglie, ispirato a Gogol e tenuto a battesimo a San Pietroburgo nel gennaio 1880. Il resto è danza. Come spesso è accaduto nell'ambito dell'attuale stagione scaligera. Di Bartók viene infatti eseguita l'integrale del Mandarino Meraviglioso, la partitura nata sul racconto del'ungherese Lengyel dapprima per una pantomima, veste nella quale apparve la prima volta a Colonia nel'26.
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