Sbaglia comunisti: «Aveva ragione Silvio»

Sbaglia comunisti: «Aveva ragione Silvio»

Ferruccio Repetti

Non ci ha pensato un attimo a mettersi la maglietta con la scritta: «Sono un coglione!», appena l’hanno avvertito i compagni. Lui che del partito di Rifondazione comunista si considera «uno che l’ha visto nascere», lui che di Fausto Bertinotti sa tutto e di più (escluse le sontuose griffe dell’abbigliamento), proprio lui, insomma, che diceva sempre: «Non cambio mai, resto comunista, la cicoria se la pappi Rutelli, io mangio solo mortadella», lui ora sceglie di schierarsi coraggiosamente contro il Berlusca. Anche al seggio elettorale di Serricciolo, in quel di Aulla in Lunigiana. «La t-shirt, stamattina, me la metto» sibila alla moglie, attonita, subito dopo colazione. «Sì, hai capito bene. La maglietta dei coglioni! E che altro, se no?». Il tono, questa volta, diventa più eccitato. E la consorte non capisce se quella del compagno (della sua vita) sia solo una forma di ribellione e uno scatto d’orgoglio di appartenenza, o piuttosto uno slancio supremo di consapevolezza, di spietata autoanalisi che arriva al punto di riconoscere la propria vera natura di coglione. Sia come sia, lui al seggio ci va vestito così: ingresso trionfale, scrutatori perplessi, ma anche divertiti, presidente austero, ma ineccepibile nell’applicare la legge: non c’è esibizione di simboli di partito, è tutto in regola. Dove sta scritto che i coglioni non possono votare? Per questo, senza fronzoli gli consegna le schede (due, perché il sedicente coglione è adulto).
Cala il silenzio. Si sente l’affondo deciso della matita copiativa che mette a dura prova la resistenza del tavolino in cabina. Ma all’improvviso fende l’aria un’esclamazione potente, irriferibile, che avrebbe fatto arrossire anche Cambronne, figurarsi i membri del seggio. Quindi, l’urlo liberatorio del titolare della maglietta che vale come autocertificazione: «Belin, cos’ho imbelinato! Ho sbagliato a votare». Precipitoso ritorno di fronte al presidente. Questa volta l’aria, più che da coglione, è da Fantozzi: «Mi scusi, mi sono confuso, ho fatto il segno sul simbolo dei comunisti italiani, invece volevo votare Rifondazione. Mi sono incasinato». Infine, con gli occhi bassi: «Sono proprio un coglione. Mi potrebbe dare un’altra scheda?». Come si fa, a uno così, a negargli un’altra chance? Il presidente dà un’occhiata alla maglietta, poi alla faccia, poi ancora alla maglietta. Ma sì, va, diamogliela questa chance. Dopo tutto, s’è presentato con la scheda aperta, quindi si può annullare.

La legge, ancora una volta, è rispettata, l’elettore può tornare in cabina, vota di nuovo. Un voto in più a Bertinotti, uno in meno a Diliberto, tutto bene, sempre comunisti sono. I coglioni, invece, sono altri. Ma non glielo dice il Berlusca: loro, se mai, se lo dicono da soli.

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