Scajola divide la sinistra: reietto o salvatore d’Italia?

(...) della sua rubrica, una sorta di maschera della commedia dell’arte di Coletti. Eterna presenza che, come nei migliori testi classici, può indossare di volta in volta i panni del buono o del cattivo.
E qui sta il capolavoro di Coletti. Stavolta, l’ex ministro riesce a essere contemporaneamente il buono e il cattivo. E vale la pena di seguirci, con ampie citazioni del pezzo, perché credo sia un’ottima fotografia del pensiero di gran parte della sinistra ligure. E italiana.
Ribadisco. Coletti, docente di storia della lingua italiana all’Università di Genova, non è uno qualsiasi. È un classico intellettuale impegnato, per di più uno con tutti gli attributi accademici al posto giusto, dotato anche di una scrittura gradevole (magari domenica scorsa un po’ meno, come vedremo nell’uso di metafore splatter e mi perdoni il professor Coletti per l’uso di un termine inglese così terribile al posto dell’equivalente italiano) e, salvo eccezioni, come in questo caso, di un ottimo uso delle parole.
Ovvio, peraltro. Visto che Vittorio Coletti è un uomo chiamato vocabolario, il maggiore e migliore linguista italiano che, insieme a Franco Sabatini, ha firmato il dizionario su cui tutti noi abbiamo studiato e cercato le parole. Fra etimologie, accenti, casi rari, varie ed eventuali, Vittorio Coletti è stato il compagno di vita della mia generazione. Di una generazione che, se voleva avere un’informazione su una parola, aveva la forza e il piacere di sfogliare pagine leggerissime, anziché cercare su wikipedia.
Tutto questo, naturalmente, con la politica c’entra come i cavoli a merenda. Ma ho voluto raccontarvelo lo stesso per far capire la statura intellettuale di Coletti. E, a questo punto, faccio parlare lui, a partire dall’appello alla responsabilità di Scajola: «Se trovasse coraggio, ritrovasse dignità, dovrebbe staccare la spina alla Mummia col cerone, prima che sia troppo tardi. Sarebbe l’occasione per riscattarsi agli occhi del Paese, che a quel punto dovrebbe essere grato perfino al ministro di via del Fagutale, con buona pace degli schizzinosi».
Capito? In quel «perfino» c’è tutto. Se stai col «puzzone» sei di una specie inferiore. Ma se ti ribelli, allora ritrovi addirittura la dignità persa. Del resto, non è lo stesso percorso del senatore Enrico Musso? Impresentabile finché era eletto grazie al nome «Berlusconi presidente» e votava la fiducia al governo. Ma eletto al rango di fine intellettuale e di «riserva della città» appena ha iniziato a smarcarsi dal premier e a votare la sfiducia al governo nella cui maggioranza era stato eletto. Coletti non ha dubbi: «In effetti, sottilizzare sulla mano che può far cadere l’Orco credo sia un lusso che l’Italia non si può più permettere». Ma l’Orco e la Mummia non sembrano immagini sufficienti per l’«Intellettuale» Coletti, visto che poi si scende in immagini oncologiche che, quando vengono usate dai trucidi berlusconiani, sono giustamente tacciate di cattivo gusto. Il prof, per spiegare che la via delle buone maniere istituzionali sarebbe migliore per cacciar via Berlusconi, poi però aggiunge: «Se si deve combattere un tumore, le medicine o la chirurgia appropriate sono, ahimè, distruttive, negative. Berlusconi è il nostro cancro pubblico e quindi anche con lui rischia di diventare inevitabile, purtroppo (lo sottolineo), una terapia negativa, demolitiva».
Ed è a questo punto che, nel ragionamento colettiano (il correttore automatico lo segna in rosso, posso sperare che questa parola sia inserita nel prossimo dizionario?), entra il possibile «medico» Scajola, chiamato ad essere il chirurgo della situazione: «Se lo pratica l’ex complice, l’amico di una volta, che non ha proposte per salvare il mondo, ma solo il desiderio di non essere trascinato nella caduta del vecchio idolo, l’intervento può essere più indolore, meno devastante anche per il Detronizzato stesso». Chiusura illuminante, in un tripudio di punti esclamativi: «L’Italia sta morendo. Berlusconi deve essere cacciato via! Se sarà Scajola a farlo, viva Scajola! Se non lo farà, l’ambizioso deputato imperiese si rassegni a legare il suo nome nella storia solo a una casa acquistata a sua insaputa!».
Mi pare una visione illuminante: eroe se fa cadere il Cav, reietto se rispetta il patto con gli elettori.


Ecco, penso che Claudio Scajola e i parlamentari a lui vicini che erano alla cena romana - in Liguria Franco Orsi, oggi il più scajoliano di tutti, e Michele Scandroglio e Roberto Cassinelli, che però sembrano aver già scelto la linea lealista - debbano leggere e rileggere questo articolo. Per capire, nonostante la raffinatezza della loro analisi, in parte anche condivisibile, qual è il concetto che ha di loro la sinistra. E non è un bel concetto.
(1-continua)

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