Scambio di informazioni tra le toghe dell’inchiesta su Tarantini e quelle di Monza

Massimo Malpica

Ruota intorno al gruppo Intini, e sulla società satellite «Sma» che l’imprenditore pugliese d’area dalemiana Enrico Intini acquistò nel 2001 da Finmeccanica, l’attenzione incrociata degli inquirenti di Bari e di Monza. I primi si concentrano sulla società della holding di Intini perché, come noto, è quella che Gianpi, da consulente, intendeva spingere negli appalti legati a Finmeccanica e Protezione civile, dopo aver contattato Bertolaso tramite Berlusconi, assecondando però gli interessi di un ristretto «comitato d’affari» composto da imprenditori e professionisti di strettissima fede dalemiana. I secondi annotano come proprio il gruppo Intini con le sue società abbia finanziato Fare Metropoli, salvadanaio elettorale dell’ex braccio destro di Bersani, ed ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati. Ma pè sulla Sma che si concentra l’interesse dei pm.
IL VERBALE NAPOLETANO
Il 17 novembre di due anni fa i pm partenopei Falcone, Filippelli e D’Onofrio interrogano Tarantini come testimone. Si parla di Intini. «Mi ha confidato di essere particolarmente interessato ai lavori per la realizzazione della “cittadella della Polizia” a Napoli», spiega Gianpi ai magistrati. Ma Tarantini anticipa il fronte Sma/Finmeccanica, su cui ora indagano le toghe baresi, dopo lo stralcio dal filone escort. E spiega che a novembre 2008 «Intini mi disse di aver rilevato la Sma spa dal gruppo Finmeccanica», e che «l’intenzione di Intini era quella di entrare in una white list della Protezione civile, un elenco di ditte preferenziali a cui ricorre, in caso di emergenza, il dottor Bertolaso (...) senza dare corso a gare». Ecco dunque che Gianpi trova l’aggancio con l’ex «Mister Emergenza» grazie all’amicizia con il premier. Bertolaso «gira» Intini e Tarantini a Finmeccanica. L’idea è far entrare l’imprenditore nel capitale della società mista che Protezione civile e Finmeccanica stavano costituendo, con una quota «pari al 33 per cento». «La Grossi (Marina, moglie di Guarguaglini, ndr) - continua Tarantini - prima di dare una risposta a una possibile partecipazione societaria della Sma di Intini, volle informarsi dai legali se la cosa fosse fattibile». La risposta fu negativa. Ma i progetti di collaborazione tra le società del gruppo Finmeccanica e Intini, dice ancora Gianpi, proseguirono per un bel po’, tanto che Tarantini, con la sua GC Consulting, sottoscrive «un contratto di consulenza con Sma spa di Intini, concordando un minimo garantito di 150mila euro annui». Alla fine Tarantini viene travolto dall’inchiesta barese, gli affari saltano. Ma Gianpi butta nel verbale un altro spunto: «Sono certo che Intini, in altro contesto, aveva già creato una partnership pubblico-privata con la sua società Sma. Non mi ha mai detto dove ciò sia avvenuto (...) abbiamo parlato di ciò quando si profilò la possibilità della partecipazione della Sma nella società mista amministrata dalla Grossi».
LO STRALCIO BARESE
Le dichiarazioni rese a Napoli collimano quasi perfettamente con quelle messe a verbale da Gianpi a Bari. Dove però la parte relativa al «comitato d’affari» viene a lungo oscurata mediaticamente dalle indiscrezioni sul filone-escort. Con il recente deposito degli atti viene fuori con maggior chiarezza il disegno di business perseguito da Gianpi (e accennato ai magistrati napoletani). Tarantini, dopo aver consolidato l’amicizia con il premier a forza di cene e ragazze, cerca un modo per sfruttare quell’amicizia così importante. Si ricorda di Intini, che aveva conosciuto anni prima per un progetto sulle trasfusioni tramite un amico comune, ossia l’imprenditore Roberto De Santis, dalemiano di ferro, socio di Baffino in Ikarus. Progetto di cui Gianpi - per come l’ha raccontato ai pm - avrebbe parlato con l’ex ministro Livia Turco. Proprio a De Santis chiede se Intini è l’uomo giusto per il suo progetto, poi si incontra con l’imprenditore nello studio di un altro dalemiano, Salvatore Castellaneta detto Totò, e nasce l’idea di introdurre la Sma nella Protezione civile, presentando società e titolare (Intini) a Bertolaso. La formazione del «comitato d’affari» si definisce. Gianpi «introduce» Intini, che ha alle spalle De Santis e Castellaneta, a loro volta interessati al business degli appalti (Castellaneta guadagna la nomina come sindaco di una controllata) in Finmeccanica, anche se lo stesso Tarantini ammette che «Intini era già conosciuto» nella holding di Guarguaglini, proprio per averne rilevato la Sma. Il sogno di «cambiarsi la vita» per Tarantini crolla con i suoi guai giudiziari. Che impediscono di concludere i lucrosi affari a cui aveva lavorato per la Sma, e che puntavano in alto, come racconta lui stesso: «Portai Intini da Lunanuova - spiega a verbale il 6 novembre del 2009 ai pm baresi - e iniziammo a vedere lavori, progetti eccetera. Non si concretizzò nulla perché, sebbene il terremoto all’Aquila avrebbe consentito di realizzare opere stradali attraverso la Sma di Intini, la notizia pubblica della perquisizione da me subita determinò una presa di distanza da parte di Metrangolo e Lunanuova». Oltre ai verbali, ci sono le intercettazioni dove il «piano» viene alla luce. Il 22 marzo 2009, per esempio, Gianpi si accorda per vedersi con il premier a Milano, e «Gianpaolo gli dice che deve parlargli di una cosa di Sesto San Giovanni, dove insieme a un amico hanno costruito delle “cosine”». «Cosine» immobiliari.
DALLA PUGLIA A SESTO
Scontato che la procura di Monza si interessi agli atti giudiziari dell’inchiesta barese relativi alla «scalata» di Tarantini, Intini, De Santis e Castellaneta a contratti e appalti con Finmeccanica. I pm lombardi si sono infatti imbattuti più volte nelle società di Intini, a cominciare proprio dalla Sma. Intini, tra l’altro, nel 2006 aveva costituito con un’altra impresa una società di scopo, la Milanopace spa per avviare la costruzione di quattro palazzi, le «Torri del Parco», proprio a Sesto: 100 milioni di investimento. E, insieme alle società satellite del gruppo Intini, la Milanopace (della quale Ad e presidente era Roberto De Santis, e nel cui cda c’era Totò Castellaneta) risulta tra i finanziatori della fondazione penatiana Fare Metropoli.

Proprio lì abita l’ex capo di gabinetto di Penati, ed ex sindaco di Sesto, Giordano Vimercati, anche lui indagato. Che per gli inquirenti lombardi è in rapporti con Intini. Tanto che persino il suo indirizzo e-mail ha un dominio noto: «intini.it».

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