Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
L’inchiesta sulla compravendita dei «terreni cinematografici» che fa tremare il Pd laziale è ricca di spunti e coincidenze che finiscono per accendere i riflettori sulla ex giunta guidata dal cinefilo Walter Veltroni. L’autorità giudiziaria di Velletri si muove con riservatezza perché l’affare miliardario dei cinemultiplex alle porte di Roma rischia di travolgere tutto e tutti. Indiscrezioni raccolte dal Giornale raccontano una sceneggiatura in evoluzione dove attori e comparse sembrano recitare ognuna un ruolo ben preciso.
Il film immobiliare di cui anche in Parlamento si parla dà il primo ciak con gli accertamenti sulla «sdemanializzazione», a settembre 2002 di preziosi terreni di proprietà del Comune rosso di Frascati situati nel X Municipio del Comune di Roma, feudo Pd. Quei terreni acquistati da una società consortile di proprietà di Ettore Rosboch, (fratellastro e già socio del compianto principe Carlo Caracciolo, fondatore di Repubblica ) si estendono per 350mila metri quadrati a sud-est della Capitale, accanto agli studios di Cinecittà. Il comprensorio oggetto di indagine è quello di «Cinecittà Est-Anagnina, località Quadrato». Il valore commerciale iniziale dei terreni, nudo e crudo, secondo una consulenza tecnica del perito della Regione Lazio Romolo Campagna è di 42 milioni di euro. Soldi che Astra 8, vincitrice dell’appalto, avrebbe dovuto versare al Comune di Frascati che a oggi ha ricevuto solo spiccioli (un milione o poco più). Che fine ha fatto la somma mancante? Seguiteci.
Il Comune frascatano, a gennaio 2003, ottiene il via libera regionale a sdemanializzare i terreni per alienarli. Sono «gioielli di famiglia » da vendere al miglior offerente nell’interesse della cittadinanza. Si bandisce un appalto-concorso e alla gara partecipano quattro società: «Moca costruzioni», «Astra 8», la coop rossa «Consorzio emiliano romagnolo» e «Sviluppo Innovazione Servizi d’Impresa». La spunta l’Astra 8 di Rosboch. Ma nelle more dell’appalto qualcosa potrebbe non essere andato per il verso giusto. Ne sono convinti gli inquirenti, meravigliati del fatto che il progetto presentato da Astra 8 sarebbe risultato all’epoca non totalmente conforme al piano regolatore generale. Diventandolo, d’incanto, due anni dopo, grazie a una variante al Prg approvata dal Campidoglio. Persino in consiglio comunale a Frascati ci si è domandati come facesse Astra 8, due anni prima della variante del comune di Roma, a pronosticare le modifiche. Di certo, al momento del bando, parte dei terreni non era edificabile mentre la parte restante aveva un indice di cubatura che risulterà più basso rispetto a quello stabilito dalla variante.
E ancora. Buona parte delle cubature previste era in origine destinata a servizi pubblici, salvo poi «mutare» in privati. Il cambio in corsa prevede tra l’altro la triplicazione della cubatura della parte «residenziale» e una straordinaria lievitazione del valore dei terreni non edificabili, divenuti quasi tutti edificabili e commerciali per un’estensione di 650mila metri cubi. Un affare faraonico: rispetto ai 42 milioni di euro per l’aggiudicazione dell’appalto, una stima orientativa dei consiglieri comunali d’opposizione cristallizza il valore dei terreni e dell’insediamento infine realizzabile in oltre un miliardo di euro.
A Roma ad aprile 2008, con Veltroni dimissionario, si insedia il commissario ad acta Morcone che dà l’ok, con la deliberazione n. 81, al programma di trasformazione urbanistica: 115mila metri cubi di appartamenti, multisala da 3.500 posti, ristoranti e negozi tematici legati al cinema, centro commerciale, ospedale da 550 posti e una tenenza dei carabinieri. Chi segue la vicenda fa presente che il progetto Astra 8 rischia di rivelarsi l’affare del secolo per chi ha comprato, non per chi ha venduto. Perché il Comune di Frascati, contro il suo interesse, sceglie di cedere buona parte dei terreni attraverso il ricorso al «diritto di superfice», cioè «affittando » i suoli invece di venderli. Col risultato che si arriva a una locazione di 60 anni che addirittura, si ridurrebbe a 20, con possibilità di riscatto (non calcolato) e di cessione di quote della società per la parte dei servizi privati e residenziali. La fregatura per i frascatani sembra colossale perché anziché incassare subito almeno i 42 milioni «cash», l’amministrazione percepirà un canone annuale di cui, anche qui, solo sulla carta è chiara l’entità: in alcuni carteggi è pari a 1,6 milioni di euro, in altri la cifra addirittura scompare come denunciato in aula dai consiglieri d’opposizione D’Orazio, Privitera e Conte.
Insomma un film all’apparenza senza capo né coda, dove gli attori si scambiano di ruolo, tant’è che il finale è ancora tutto da scrivere visto che in questi primi anni dalle carte emerge un solo pagamento al Comune di Frascati, una tantum, di 500mila euro. Poi il nulla. Ma dove il kolossal immobiliare rischia l’insuccesso è sull’analisi delle procedure del bando. Gli inquirenti si sono trovati davanti la Cer, colosso delle coop rosse, che presenta un progetto e prende pochissimi punti. Poi c’è la Sisi,che dimentica di depositare la fideiussione bancaria. Quindi la Moca costruzioni perde pur avendo sostanzialmente già vinto anche grazie all’offerta economica più alta. Chiamato a dirimere la controversia, il Tar del Lazio formalmente dichiara fondato il ricorso di Moca ma non può accoglierlo perché presentato con un giorno di ritardo. Tutte stranezze meritevoli di approfondimenti. Considerata «anomala» anche la procedura di vendita di altri pregiati terreni del Comune di Frascati, denominati «Anagnina 1», sequestrati a maggio dalla procura di Velletri perché il prezzo di vendita di dieci anni fa (spalmato su 22 società) sarebbe di 8 milioni a fronte dei 18 calcolati dai periti. In entrambi i casi a promuovere la dismissione è stata la giunta guidata dall’ex sindaco, cinefilo anch’esso, come detto ieri, Francesco Paolo Posa, ora capogruppo Pd in consiglio comunale.
Interpellati, i tre consiglieri d’opposizione che con le loro denunce pubbliche hanno involontariamente accesso i riflettori degli inquirenti, al Giornale confermano quanto detto in aula: «Prima che la situazione degeneri, e per il bene della collettività, il nuovo sindaco Di
Tommaso deve recuperare i terreni venduti adoperandosi per annullare gli atti perché quanto sta emergendo è preoccupante, e non dà lustro alla città». Un ultimo richiamo, prima dei titoli di coda. (2-fine)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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