Scandalo rimborsi in Gran Bretagna, i parlamentari «spendaccioni» insorgono

Circa 175 deputati hanno già restituito circa 300mila euro di spese, altri annunciano di non volersi ricandidare per evitare di ridare i soldi al governo di Sua Maestà. Coinvolto anche il premier laburista Gordon Brown: deve alla Corona 12mila sterline (circa 15mila euro)

Oltre 200 deputati britannici potrebbero rifiutarsi di pagare le somme ingiustamente ricevute a titolo di rimborsi spese: è quanto pubblica il quotidiano britannico «The Guardian», secondo il quale molti parlamentari riterrebbero che la commissione d'inchiesta indipendente sullo scandalo dei rimborsi guidata da Sir Thomas Legg avrebbe travalicato i limiti del proprio mandato. Nello scorso luglio Legg aveva iniziato a esaminare i primi casi di rimborsi illeciti legati alla seconda residenza fittizia e ad altri cavilli giuridici. La commissione avrebbe inoltre scoperto molti casi in cui i parlamentari avrebbero utilizzato i rimborsi per pagare il capitale dei mutui e non i soli interessi, come previsto dai regolamenti; un capitolo speciale riguarderebbe poi le spese per giardinaggio e pulizie - pur autorizzate dall'ufficio parlamentare dei rimborsi - ai quali verrebbe messo un tetto massimo. Dallo scandalo, scoppiato nel maggio scorso, non si è salvato neanche premier Gordon Brown: oggi ha fatto sapere che restituirà più 12mila sterline per rimborsi ricevuti e non dovuti per le residenze «sbagliate». La legge prevede infatti generosi rimborsi sia per quel che riguarda mutui e affitti che per l'arredamento, ma solo per le «seconde residenze» dei parlamentari che non risiedono a Londra. Dopo il trasferimento a Downing Street (inizialmente al numero 11, come Cancelliere dello Scacchiere, nel 2006) Brown aveva invertito lo status delle sue residenze, definendo «principale» il suo appartamento londinese (non più utilizzato, di fatto) e «seconda» la sua casa di Fife, in Scozia. Tuttavia, Brown ha poi presentato delle bollette della luce di Fife che interessavano in parte anche il periodo in cui la seconda casa era quella di Londra, periodo in cui il rimborso non era quindi dovuto; al contrario, ha presentato altri conti relativi all'appartamento londinese quando questo era ormai stato designato come residenza principale.

Il premier ha già ammesso di essersi sbagliato ed ha accettato di ripagare quanto dovuto; in totale circa 175 deputati hanno rimborsato un totale di circa 300mila euro di spese, ma decine di parlamentari hanno già annunciato di non avere intenzione di presentarsi alle prossime elezioni, rinunciando così a pagare quanto dovuto in attesa di poter se necessario ricorrere a vie legali.

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