Alessia Marani
Oltre che giudici, abili scrittori. Ne sanno qualcosa Giancarlo De Cataldo, giudice istruttore di Corte dAssisi che sta letteralmente sbancando col suo «Romanzo Criminale» i botteghini dei cinema di mezzo Stivale: storie di personaggi di «mala» ispirati alle gesta della famigerata «Banda della Magliana» e ora portate sul Grande Schermo da Michele Placido per la Warner Bros. Oppure Ferdinando Imposimato, già eletto al Senato e alla Camera, magistrato Antimafia che lavorò ai principali casi di terrorismo («Vaticano, un affare di stato», «Terrorismo internazionale, la verità nascosta», «Corruzione ed alta velocità» i testi dati alle stampe per la Koinè tra il 99 e il 2003), o ancora Otello Lupacchini, altro giudice istruttore che mise mano al processo agli affiliati di Abbatino&Co. nelloperazione Colosseo («Banda della Magliana», Koinè 2004 - «Sanguinosa illusione. Orrori e miserie del rilancio della lotta armata», 2005).
Riguardarsi gli atti di processi portati avanti in prima persona, sistemarli, dare loro un filo logico, tirare le somme, aggiungere commenti: tutto qui? «In realtà - spiega Gennaro Francione, giudice penale del Tribunale di Roma, membro Accademico dellInternationale Burckhardt Akademie e presidente dellUnione Europea dei giudici scrittori - giudici scrittori siamo in 130. Una passione per larte e la letteratura in generale che va al di là del lavoro e delle responsabilità di ogni giorno. Una schiera di togati col pallino della penna o tastiera che sia, ispirati o, comunque, legati alla figura di Ugo Betti, poeta e drammaturgo, combattente della Grande Guerra poi passato alla magistratura. Ma anche uomini e artisti del calibro di Dante Troisi, Vico Faggi, Corrado Calabrò». Ultima opera di Francione è un originalissimo «Scanderberg. Un eroe moderno», edito da Costanzo DAgostino Editore con cui aveva in precedenza pubblicato «Domineddracula. Vita, gesta e resurrezione di Vlad Tepes limpalatore». Ed ecco, questa volta, una vicenda storica ricostruita con dovizia certosina, con tratti epici e drammatici, trasformata nellultima parte in un vero e proprio testo drammaturgico, apprezzato e portato in scena con enorme successo questestate a Valona.
Giorgio Castriota Scanderberg è il «Garibaldi» dAlbania. A capo di un piccolo esercito sabaraglia larmata turca, fino alla capitolazione di Crojia avvenuta dopo la sua morte, nel 1478. I transfughi del suo esercito si ritirarono nelle terre che Ferrante DAragona, a cui il Castriota andò più volte in aiuto segnando così le vicende italiane del XV secolo, aveva donato al principe-condottiero. Nascono così gli «arbereshe», gli «albanesi dItalia». Oggi un centinaio di comunità albanofone e cinquanta comuni autonomi disseminati soprattutto nel Sud e nel Centro. A Ururi, in Molise, lo scorso febbraio il debutto dellopera teatrale. Questestate la pièce al teatro centrale di Valona, tempio culturale reduce dei «fasti» di regime. Dove lo «Scanderberg» di Francione viene accolto con unattenzione mediatica senza precedenti. Il «caso» ha anche dei risvolti da cronaca rosa: il giudice scrittore, infatti, rintraccia i veri discendenti del Castriota, Alessandro e Giulio Scanderberg, rispettivamente medico e giudice amministrativo a Lecce. Sono i primi due eredi della famiglia Scanderberg a rimettere piede in patria dopo più di cinque secoli in unAlbania che stenta a liberarsi dai fantasmi del passato. Non solo. Del Castriota eroe moderno, esiste un ritratto attribuito a Rembrandt rubato, però, nel 1992. Ai pronipoti non resta che una copia della pittrice Pamela Eringi, che Francione riproduce sulla copertina del testo. «A mo di wanted - aggiunge - perché se qualcuno pensa di averlo visto, aiuti le polizie internazionali nelle ricerche. Inutile dire il valore inestimabile storico e affettivo che ha». Scanderberg è precursore della fratellanza europea e della occidentalizzazione moderna - conclude Francione -.
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