Schumi, Rubens e le gomme: i tormenti della Rossa

Da sabato al Nürburgring nuove qualifiche. Michael: «Potremmo colmare il divario... Sono un lottatore anche ai supplementari». È pace con Barrichello?

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Benny Casadei Lucchi

nostro inviato a Montecarlo

Il Gran premio ferrarista si può leggere in due modi: da un punto di vista tecnico, e allora il discorso è quello che fa il presidente Montezemolo («qualche problema di gomme non ci arresterà dal tornare presto a vincere») perché le Bridgestone continuano ad azzoppare il Cavallino fin dalle qualifiche; ma si può leggere anche dal punto di vista umano: cioè il battibecco tra piloti della Rossa. Se non altro, il secondo tema ha dalla sua la freschezza della novità, unità al sorriso che nasce spontaneo pensando a due miliardari con il muso. Argomento che porta anche con sé precedenti illustri come i Senna, i Mansell e i Prost, cioè storie di corse e curve e staccate e, massì, anche litigate fra compagni di squadra.
Parlando invece di tecnica e delle sconfitte a ripetizione della Ferrari, dal dopo Montecarlo vengono in soccorso del tifoso, ma anche d’ingegneri e piloti, i tempi fatti registrare da Schumacher dopo la safety car, quando tallonava tranquillo il poi vincitore Raikkonen e la sua McLaren (aveva quasi il doppio della benzina rispetto al finnico). Un passo, quello tenuto dal tedesco a metà gara che, se non fosse stato per i molti intoppi e le qualifiche disgraziate di tutto quest’anno, l’avrebbe portato dritto dritto a giocarsi la vittoria con il finnico. Ecco perché monsieur Jean Todt ha annunciato che la Ferrari e la Bridgestone andranno a caccia del compromesso prova-gara visto che «gli avversari hanno interpretato meglio il regolamento capendo che contava essere più veloci in qualifica a scapito della corsa». Tanto più che da ieri, con l’ufficializzazione del nuovo format al via già dal Nürburgring (una sola ora al sabato con giro singolo e benzina per la gara), l’armata maranelliana ha cominciato a tirare un sospiro di sollievo. Dice Schumi: «Potremmo anche colmare lo svantaggio in prova giocando con il livello della benzina».
Parlando invece di vicende di varia umanità, sempre da Maranello giurano che il botta e risposta tra i due piloti è ormai faccenda vecchia: «Non sarà certo lo screzio di un momento vissuto a caldo nel dopo gara a incrinare un rapporto che dura da anni». Vero. Ma vero anche che al brasiliano sono girate come poche altre volte; per dirla tutta, a Montecarlo è parso addirittura più nervoso e scocciato rispetto alla famosa Zeltweg del 2002, quando per ordine del box Rubinho fu costretto a cedere il primo posto a Schumi. Il motivo è semplice: all’epoca era stata un’esigenza aziendale per cui Barrichello, nelle vesti di dipendente, non aveva fatto altro che ubbidire. Stavolta no. Stavolta si è sentito preso in giro dal compagno: c’era un solo punto in palio, c’erano pochi metri da percorrere e tanta sfortuna da esorcizzare, per cui meglio evitare di autoeliminarsi in un sorpasso fratricida.
Già, fratelli. Per la verità, Michael a Monaco è riuscito nel difficilissimo compito di far incacchiare in un colpo solo il compagno e pure il consanguineo. Quando Ralf commenta ironico e piccato «mio fratello ogni tanto ha difficoltà ad accendere il cervello» dice cose pesanti che solo un fratello può permettersi di esternare.

Ma ancora ieri, Schumi ripeteva parlando del mondiale che sfugge: «Rinunciare non mi si addice, sono un lottatore e do il massimo sempre e fino alla fine, anche ai tempi supplementari». Barrichello l’ha capito a Monaco. No. Barrichello l’ha sempre saputo.

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