La manovra finanziaria è legge. A leggerne il contenuto c’è poco da esultare. E a vedere ieri la faccia di Berlusconi, riapparso in pubblico dopo giorni, si capisce che le cose non sono andate come il premier avrebbe voluto. Stretto tra la speculazioni finanziarie, le bizze e le idee di Tremonti e i diktat di Napolitano, il presidente del Consiglio ha dovuto mediare oltre ogni previsione per evitare che una crisi di governo trascinasse nel baratro l’intero Paese.Il rischio non è cessato con il voto di ieri, perché gli sciacalli non hanno intenzione di mollare la presa.
Quanto l’Italia dovrà ancora penare lo capiremo meglio lunedì alla riapertura dei mercati. Sarà il momento della verità per stabilire se i sacrifici imposti dalla manovra sono sufficienti a fugare i dubbi degli investitori e l’appetito degli speculatori. Non ci sarà appello, promossi o bocciati. Una tensione sulla nostra Borsa e sui nostri titoli di Stato sarebbe a questo punto imparabile e innescherebbe di certo la richiesta di un governo tecnico di salvezza nazionale. L’opposizione, sempre attenta agli interessi della gente, ovviamente ci spera: meglio una botta economica di quelle che fanno male davvero che tenersi Berlusconi. Ma attenzione, da sola neppure una situazione del genere permetterebbe il ribaltone a favore del «governo del presidente Napolitano», come già viene chiamato e auspicato un esecutivo di tecnici.
Al di là dei desideri del Quirinale e dei sogni dell’opposizione, una maggioranza può cadere soltanto in Parlamento, non certo per chiamata. E ancora ieri il centrodestra ha dimostrato di avere senza patemi i numeri per continuare la legislatura. Perché si realizzi il piano degli sciacalli occorrono almeno altre due condizioni. La prima è la caduta del ministro Tremonti per via giudiziaria-mediatica. Ovviamente il fatto non è in nessuna agenda, ma un «incidente »del genere è nell’aria da giorni (ieri lo ha preannunciato persino l’austero e rigoroso quotidiano La Stampa ). Parliamo ovviamente dell’inchiesta napoletana che coinvolge pesantemente l’ex braccio destro del ministro, Marco Milanese (che con Tremonti condivideva pure l’ormai famosa super casa romana). Certo che con la Borsa in difficoltà e Tremonti azzoppato, la faccenda si farebbe davvero spessa. La possibilità di andare avanti starebbe tutta nella tenuta dell’asse tra Pdl e Lega, che- cosa non secondaria - da qualche mese non coincide più perfettamente con quello Berlusconi-Bossi, soprattutto per le ambizioni di alcuni colonnelli leghisti. La tensione tra i due partiti ieri, forse non a caso, ha raggiunto un picco preoccupante.
È successo che in commissione i leghisti, astenendosi, hanno di fatto autorizzato, assieme all’opposizione, l’arresto chiesto dai pm di Napoli per il deputato del Pdl Alfonso Papa, coinvolto nella vicenda cosiddetta P4. È la prima volta che la maggioranzasi spacca su un provvedimento del genere e la cosa è grave per più motivi. Primo: non si sbatte in galera una persona (a meno di una sua pericolosità sociale) prima di una condanna. Secondo: i parlamentari non sono giudici e il Parlamento non è un tribunale del popolo. Terzo, e nel merito,l’inchiesta cosiddetta P4 è un teorema giudiziario ( messo in piedi con chiari fini politici) per ora smentito anche dal Gip che ha respinto per il maggiore imputato ( Bisignani)l’accusa di associazione per delinquere e società segreta. Quarto: autorizzando l’arresto, il Parlamento crea un pericoloso precedente del quale si dovrà tenere conto ogni volta che a un pm verrà in mente di ammanettare un onorevole. Nei prossimi giorni la decisione della commissione deve essere confermata oppure no dal voto (segreto) dell’aula. Se i leghisti dovessero ripetere anche al riparo dagli occhi dei loro elettori (il voto sarà come detto segreto) l’intenzione forcaiola, be’allora è possibile che la tenuta della maggioranza possa vacillare.
Tutti questi elementi messi insieme fanno sì che in settimana il governo Berlusconi si giochi gran parte della possibilità di arrivare a fine legislatura come è nei suoi programmi.
Napolitano, che forse sa o immagina cose che a noi sfuggono, ha già messo le mani avanti dicendo che subito dopo la finanziaria serviranno nuove prove di coesione nazionale. Già, come ai tempi di Scalfaro che convinse Bossi a far cadere Berlusconi per fare spazio al governo tecnico di Dini. Vatti a fidare degli arbitri democristiani e comunisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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