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La scienza vuol fare Dio Creata in un laboratorio la prima vita artificiale Svolta epocale per la biochimica: dal nulla costruita una cellula È controllata da un Dna sintetico ed è in grado di moltiplicarsi

La scienza ha creato la vita. Per la prima volta. Dal nulla ecco una cellula, una forma di esistenza, un essere, qualcosa. È successo negli Stati Uniti.
È stata costruita in laboratorio la prima cellula artificiale, controllata da un Dna sintetico e in grado di dividersi e moltiplicarsi proprio come qualsiasi altra cellula vivente. Il risultato, pubblicato su Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti, nell'istituto di Craig Venter. Si tratta di una svolta epocale nella ricerca.
Con questo nuovo passo il traguardo della vita artificiale è ormai più vicino che mai e si comincia a intravedere la realizzazione di uno dei sogni di Venter: costruire batteri salva-ambiente con un Dna programmato per produrre biocarburanti o per pulire acque e terreni contaminati. Dopo avere ottenuto il primo cromosoma artificiale, la sfida è riuscire ad attivarlo, aveva detto Venter appena due anni fa. Adesso ha raggiunto il suo obiettivo e lo ha fatto unendo, come tessere di un puzzle, i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni. Il primo passo, nel 2007, era stata la costruzione di un Dna sintetico; quindi nel 2009 sempre il gruppo di Venter ha eseguito il primo trapianto di genoma da un batterio a un altro. Adesso è ancora lo stesso gruppo, coordinato da Daniel Gibson, ad aver combinato i due risultati e aver assemblato la prima cellula sintetica.
A rivelare la pubblicazione su Science di questa ricerca è stato l’Economist. «Creata la vita in laboratorio», così scrive sulle sue pagine il settimanale britannico che sull’argomento ha deciso di puntare sulla sua copertina. «Creare la vita è una prerogativa di Dio», dice la rivista «e ora appare come uno choc apprendere che comuni mortali sono riusciti a fabbricare la vita artificiale». Alla ricerca sono dedicati diversi articoli che s’interrogano sull’opportunità di una scoperta del genere.
Si discute, quindi. E ovviamente non solo in Gran Bretagna. «Si tratta di un traguardo fondamentale dell'ingegneria genetica, non solo per possibili risvolti applicativi, ma anche perché segna la tappa iniziale dell'era post-genomica» commenta il genetista Giuseppe Novelli, preside della facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata di Roma. «Di fatto - spiega - Venter ha creato qualcosa che prima non c'era, un batterio prima inesistente, perché il genoma artificiale che ha costruito con una macchina in laboratorio contiene dei pezzetti di Dna che non esistono nel genoma del batterio presente in natura».
Lo scienziato ha fatto tutto con una macchina, spiega ancora Novelli. «Prima ha letto la sequenza genomica del batterio in un database genetico, poi con un macchinario ha ricostruito chimicamente il genoma, aggiungendovi però nuove sequenze. Ha fatto dei pezzetti, ciascuno di 10mila lettere di codice, poi li ha assemblati insieme fino a creare un genoma di oltre un milione di paia di basi. Poi ha inserito il genoma artificiale in un batterio svuotato del suo Dna e ha costruito una nuova forma di vita che funziona e si riproduce. La cellula così creata, infatti, prima non esisteva, e il suo genoma porta i segni distintivi della sua differenza dal batterio esistente in natura».
«In futuro - conclude Novelli - si potranno creare nuove forme di vita capaci di produrre farmaci o di aiutarci contro l'inquinamento, per esempio batteri mangia-petrolio».
È l’ennesima scoperta choc di Craig Venter, studioso che divide la comunità scientifica tra chi pensa che sia uno dei più eminenti scienziati del XXI secolo e chi invece lo bolla come un cane sciolto dedito a ricerche estreme. Ieri, dopo l’annuncio dell’ultimo «colpo a effetto», sono iniziate a piovere le reazioni. Per il genetista Bruno Dalla Piccola, «si tratta di una creazione affascinante ma lontana dalla possibilità di produrre vita a tutti gli effetti, una persona insomma».
Ma non è solo la scienza a preoccuparsi, ovviamente. Questo tipo di ricerca apre scenari di confronto sui limiti della scienza stessa di fronte alla vita. Il Vaticano s’è più volte espresso con scetticismo sulle frontiere della bioetica. Stavolta la Santa Sede prende tempo. «Aspettiamo di saperne di più», è questa la prima dichiarazione rilasciata all’agenzia Ansa dal direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il portavoce vaticano ha riferito di non aver letto l’articolo, aggiungendo che «pur senza porre in dubbio l’autorevolezza della rivista scientifica, già altre volte simili annunci sono stati, a distanza di tempo, ridimensionati.

Occorre comunque aspettare - ha concluso - di saperne di più».

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