Le «scimmie cattive» surreali giustizieri che tutti vorremmo

Un romanzo in cui si intrecciano le citazioni bibliche, i duelli aerei alla «Matrix» e le teorie di Jeremy Bentham

A prima vista Bad Monkeys, l’ultimo romanzo di Matt Ruff (Fazi, pagg. 252, traduzione di Francesco Pacifico, euro 14,50) sembra la solita storia del gruppo organizzato sotterraneo che uccide i malviventi passati indenni attraverso le maglie della giustizia ufficiale, le bad monkeys, le scimmie cattive del titolo.
Ma quando, dopo una settantina di pagine, Jane Charlotte, la protagonista del romanzo, ci dice che tutto, per lei, cominciò il 10 settembre 2001; quando, di lì a poco, incontriamo personaggi, maschili e femminili, i cui cognomi suonano True (vero), Wise (saggio), Love (amore), Grace (grazia) e così via; che concetti chiave della trama sono presi dalla Bibbia o dalla letteratura ottocentesca inglese, intuiamo che siamo in presenza di qualcosa di diverso dall’epopea di un gruppo di emuli di Charles Bronson.
Matthew Theron Ruff, classe 1955, figlio di un pastore luterano, dopo Acqua, luce e gas. La trilogia dei lavori pubblici e La casa delle anime (entrambi pubblicati da Fanucci) costruisce un altro universo paranoico, in sé perfettamente coerente, ma pronto a cadere in pezzi e a ricomporsi a ogni capitolo. Partiamo dall'inizio: Jane Charlotte è nel carcere di Las Vegas («nell’ala dei matti») per l’omicidio di un uomo di nome Dixon. Qui, interrogata da uno psichiatra di nome Vale (un nome che potrebbe alludere anche alla formula latina di saluto), afferma di essere parte di un Dipartimento per la Destinazione Finale delle Persone Irredimibili, che a sua volta fa parte di una Organizzazione che combatte il male, non il crimine, uccidendo i cattivi e facendo passare gli omicidi per infarti o ictus cerebrali.
L’Organizzazione ha un suo braccio operativo di sorveglianza, il Dipartimento per la Sorveglianza Ubiqua Intermittente, detto Panopticon. E il Panopticon («che fa vedere tutto», ma anche il modello del carcere ideale di Bentham) si avvale della tecnologia Solo Occhi, sensori in miniatura che riprendono tutto. E ovviamente nel corso della lettura scopriamo che l’Organizzazione, buona (e il cui motto è «Omnes mundum facimus», «Puliamo tutto»), ha un contraltare cattivo, il Branco...
Ruff, disegnato il suo universo alla 007, si diverte a infilarci duelli aerei alla Matrix, inseguimenti automobilistici e carneficine alla Tarantino, benzinai che trafficano con lettere all'antrace... Se questa è la cornice, gli elementi del quadro si dimostrano debitori di teorici del complotto come Pynchon (l’Organizzazione assomiglia molto al Tristero de L’incanto del lotto 49) e Dick (dominano gli allucinogeni e le droghe iperpotenziate, che aprono nuove percezioni della realtà o forse le porte dell’inferno), ma anche, come detto, di Shelley (un centro di conservazione di corpi congelati che sembra uscito da Ubik s’intitola Ozymandias in omaggio al poeta), delle sorelle Bronte e di Jane Austen (i loro nomi sono la soluzione di un cruciverba che contiene i messaggi dell’Organizzazione).


Senza dimenticare, in filigrana, i richiami strategici al racconto biblico di Caino e Abele. Fino all’ultimo non si capirà chi sia l’uno e chi l’altro, nel romanzo. A meno che perfino lo scioglimento finale non sia l’ennesima illusione.

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